sabato 19 gennaio 2013

Le radici della sofferenza

Diversi anni fa ebbi modo di leggere alcune pagine di un libro in cui l'attuale Dalai Lama rispondeva a delle domande. Purtroppo non ricordo quale fosse il libro ma ricordo che mi colpì il concetto della necessità di andare alla ricerca delle radici della sofferenza. Da allora, ogni volta che mi imbatto nelle varie difficoltà personali mie o altrui riporto in superficie questo pensiero.
Quando un concetto mi colpisce tanto da stamparsi a fuoco dentro, so che la mia parte più profonda ne riconosce l'utilità ai fini della comprensione e del nutrimento dell'anima. Questa è una mia necessità. Anche prima di quel giorno guardavo il mondo degli altri sintonizzandomi sull'inconscio bisogno di sapere come si sta, come se la mia eterna muta domanda verso gli altri fosse questa sempre e in primis. Quindi altrettanto automaticamente e istantaneamente mi ponevo, e mi pongo ancora oggi, in ascolto andando subito sotto la superficie per sentire la risposta eventuale. Mi viene automatico pormi così e con la stessa facilità con cui qualcuno potrebbe osservare un qualsiasi altro particolare che potesse fornirgli le informazioni che sta cercando interiormente per comprendere. Così scoprire che dietro i mille modi di porsi delle persone, nonché di me stessa, quando non si brilla di gioia o si è in pace e in piena salute fisica e mentale, i motivi che li disegnano possono pescare a varie profondità e che in questi stessi strati di varia profondità vi siano dei punti dolenti mi ha aperto gli occhi su qualcosa di essenziale. Innanzi tutto la forza di questo pensiero sta nel proporre l'immagine della radice. Una radice, prima ancora di essere considerata un elemento che sta da qualche parte, è un qualcosa che scava per approfondire mentre il suo compito principale è cercare nutrimento. Secondariamente si può aggiungere la sua collocazione, sotto terra o in acqua o in aria a seconda di quali piante abbiamo in mente o conosciamo, e da qui aggiungere metafore, oppure si può pensare alle radici come elementi importanti per l'ancoraggio al substrato. Ma l'essenza della radice è il suo movimento verso la ricerca di ciò che serve per la vita dell'essere della quale è propaggine. Ognuno di noi ha bisogno di conoscere più verità su se stesso e di illuminare un po' le sue profondità, anche se l'atteggiamento più frequente è ignorare tutto ciò che è difficile da elaborare o che considerandolo si pensa possa far stare male. Meglio non scavare, meglio non guardare troppo, meglio lasciare la sofferenza lì dov'è e proseguire oltre senza il bagaglio pesante che essa contribuisce a caricare. Solo che radici e sofferenza, due semplici ingredienti, possono creare un pasto completo per la consapevolezza. La sofferenza ha delle radici e seguirne la pista porta a rivedere cosa fa stare male e a potersi confrontare con ciò, se si decide di guardare. La sofferenza, più che altro quella dell'animo, del cuore, della ricerca della consapevolezza, non quella fisica, crea un dolore che si riflette in moltissime azioni quotidiane, si mescola ai sentimenti e alle parole e crea di noi un ritratto il quale non credo sia veritiero. Innegabile che nell'istante presente lo sia, oltre a sembrarlo, ma la verità di ciò che noi siamo, ciascun essere umano nel suo profondo, è più luce di quello che siamo portati a credere. E le radici della sofferenza pur andando in profondità, poiché lì si trovano, possono essere viste in parte in superficie, dove le reazioni ne sono specchio. E sofferenza non è solo uno stare male nel modo più semplice che ci viene in mente, sofferenza è anche "una sofferenza" più generica dove la parola rappresenta uno stato vibratorio alterato, come definirei io, una sorta di pressione sulla naturale armonia dello stato di benessere. Osservare ed osservarsi per comprendere se stessi e gli altri pone sulla strada della ricerca interiore guidata dalla direzione che indica la radice, che nasce da qualsiasi cosa che ci fa soffrire, ci disturba, ci infastidisce, ci fa stare male, ci opprime, ci destabilizza, ci irrita, qualsiasi cosa che sfiora le pareti sensibili dell'anima o gli spigoli del carattere con il quale siamo cresciuti. Non siamo esseri perfetti né perfettamente sferici così è naturale che il mondo con le sue manifestazioni o gli altri con le loro personalità, urtino parti di noi e generino qualcosa. Reagire è secondario e dipende da ciò che abbiamo dentro e da ciò che pensiamo, la prima cosa che accade è l'impatto che genera il pensiero o un sentimento. La sofferenza intesa come voce interna che racconta come ci sentiamo nei confronti di ciò che accade, per evitare che metta radici troppo profonde, dovrebbe essere ascoltata subito. Lasciarla gridare e allontanarsi da essa per mettere sufficiente distanza per evitare di sentirla fa sprofondare le radici. E con il tempo ignorare ciò che realmente non ignoriamo rende le radici più difficili da scavare. Il paziente lavoro da giardiniere di ciascuno dovrebbe essere almeno il provarci, ricongiungendosi con se stessi per smettere di soffrire ricercando le radici delle nostre sofferenze. Rita Buccini Between