lunedì 4 marzo 2013

Saggia raccomandazione per un goloso

Eccomi, rea confessa, sono una golosa. Ma sono anche una che ci ragiona sopra. Questo discorso mi è venuto in mente oggi a pranzo mentre, forchettata dopo forchettata, mi gustavo dei tortelli ripieni di spinaci e ricotta conditi con del sugo ai funghi. Ottimi. E lì ho pensato al fatto che per tutta la vita ho mangiato con voracità perché inseguivo la soddisfazione della gola. E quando la voracità non era proprio velocità o bocca piena era "ne prendo ancora un po' perché è buonissimo". Ecco, la consapevolezza mentale acquisita tramite il senso del gusto nutre la testa ma danneggia il corpo se non c'è equilibrio tra le due componenti. La golosità fa agire verso la seconda porzione, potendola avere, e questo fa dimenticare che si dovrebbe mangiare per nutrire il corpo e meno per soddisfare l'appetito. E la golosità, in essenza, è un'attitudine che si ritrova ogni volta che si desidera avere, qualcosa che piace, in maniera ripetuta. Ci si definisce golosi se quella data cosa piace davvero molto, e lo si sente con un'intensità che vibra in modo viscerale, ma non è facile controllarsi. Al di là della definizione ristretta all'ambito del cibo, per cui la parola si applica bene, penso che si possa essere golosi anche di una lettura o di una persona, benché si possa meglio definire che tale golosità sia una passione. Questo per dire che comunque, in fondo, tutto è un'operazione mentale. Va bene, sappiamo che un dato cibo ha quel dato sapore e che proprio quello ci rende golosi. Lo sappiamo perché lo abbiamo acquisito, abbiamo sperimentato, abbiamo assaggiato. Ma è anche vero, in parallelo, che per molte cose della vita si potrebbe dire lo stesso, dopo averle "assaggiate". Il comune denominatore è la registrazione mentale di un fattore che per noi è il top nella nostra personale classifica di gusto. Conosciamo il sapore di un cibo così come conosciamo il sapore delle lacrime o di un abbraccio. Rimane tutto agli atti nella memoria e ci permette di operare delle scelte che per qualcuno sono consapevoli, per qualcun altro inconsapevoli. E se ci penso, anche guardando me stessa, non associo la golosità a delle sensazioni spiacevoli. In quel momento, quando sei al cospetto dell'oggetto del quale sei goloso, ti senti bene, sei allegro, contento. Ti vuoi gustare quel sapore il più a lungo possibile così ripeti l'azione, ne prendi un'altra fetta. Ma anche l'ennesima fetta finisce e tu ti ritrovi con niente da assaporare. E se (per tornare al cibo) mangi velocemente riduci il tempo utile per il godimento. Ecco la saggia raccomandazione che oggi ho fatto a me stessa: per vari motivi, primo per la salute, imponiti di masticare più lentamente e sii presente in ogni boccone che mandi giù, perché solo così potrai assaporare più a lungo ciò che ti piace e perché se ti rovini ingurgitando le cose solo per sentirne il sapore, crogiolandoti nell'idea che hai mangiato una cosa buonissima, poi potresti non avere sempre il corpo che ti accompagna in questo gioco. Non è facile per un goloso farsi bastare un solo piatto ma si può fare. Se poi si decide che non ce ne importa granché e si sorvola sul peso che questa decisione avrà sul fisico, così sia, ma ad un certo punto le conseguenze sbucheranno da qualche parte o svolteranno l'angolo inaspettatamente. Parola di golosa con esperienza. RBB