domenica 7 luglio 2013

Tu sei tu, con il tuo nome e la tua identità

Ciascun essere vivente, in quanto entità materiale distinta, ha, di conseguenza, una sua identità. Non importa che si faccia parte di un gruppo, di un clan, di una società, di base si è comunque e sempre degli individui. E' in questo essere individui materialmente separati dagli altri la radice dell'identità. Ma la vera identità non è in dotazione, perché nella sua complessità di concetto è un qualcosa che si costruisce nel tempo, durante la vita. Ricordando però che la sua base esiste sempre fin dall'inizio. Non è mai facile rendersi conto dove finiscono gli altri e i loro pensieri con le loro abitudini che ci ritroviamo a condividere oppure ad accettare come fossero nostre davvero, senza che le abbiamo mai vagliate a sufficienza per comprendere che sono realmente anche nostre. L'esempio più facile e vicino con cui ci possiamo confrontare sono i genitori. Quante volte ci hanno detto che somigliamo a nostro padre o a nostra madre o noi stessi siamo stati a dirlo in qualche occasione. Facile conclusione da trarre avendoli osservati e avendo riscontrato in noi certi atteggiamenti o caratteristiche. Non parlo dell'eredità genetica che può rendere i corpi straordinariamente simili a quelli dei nostri genitori o dei fratelli o sorelle, parlo dell'eredità più sottile con cui abbiamo a che fare. L'eredità genetica è intoccabile, salvo casi estremi in cui si voglia talmente deviare dalla somiglianza da richiedere interventi chirurgici, mentre l'altra eredità, quella più sottile, possiamo elaborarla o quanto meno impegnarsi a comprenderla. In questa elaborazione e comprensione sta il processo per riprendere la propria identità, quella che ci fa dire che siamo unici, pur somigliando un po' a qualcuno. L'unicità è un dato di fatto, almeno io lo ritengo tale, se mi metto a riflettere su tutto quanto. Se non impariamo ad essere noi stessi con le cose che vogliamo che facciano parte di noi, avendole comprese abbastanza in profondità, avremo sempre delle pendenze e dei legami inconsci che ci rubano l'energia dell'identità vera, che è un diritto di tutti. Diritto averla e dovere riconoscerla. Quando nasciamo entriamo dentro forme pensiero che non ci appartengono poiché ancora non siamo in grado di produrne e cresciamo all'interno di queste come se ci stessimo muovendo su delle rotaie. Rotaie inizialmente utili, finché non siamo in grado di costruirne di nostre. Fa parte della vita come essere nutriti e vestiti con qualcosa che accettiamo ciecamente per il fatto che non abbiamo ancora sviluppato la capacità di badare a noi stessi da soli. Solo che se non si inizia mai, nel corso della vita, a farsi delle domande per rivedere come siamo fatti davvero senza questo filtro, in fondo cresciamo poco e continuiamo a identificarci con qualcuno o con qualcosa sminuendo il potenziale di libertà che potremmo avere e sperimentare. Il percorso è complesso ma il concetto è semplice. E il giorno in cui ci si sveglia quanto basta per intuire che quel dato atteggiamento o quel lato del carattere non ci calzano a pennello, anzi, a dirla tutta si prova fastidio a viverseli addosso, è il giorno giusto per muovere un passo sul sentiero della modifica. Ricordo le volte in cui mi sono ritrovata a fare qualcosa in un modo che non mi sentivo proprio, non mi andava, e dopo averlo fatto sempre nella stessa maniera mi guardavo dentro pentendomi o dispiacendomi perché sapevo di non essere completamente me stessa mentre agivo, ecco, in quei casi mi sono messa lì a spulciare i miei atteggiamenti in relazione ai miei sentimenti, non all'impalcatura dei pensieri, e ho confrontato questi con il modo di fare dei miei genitori. Il risultato è stato divenire maggiormente consapevole di come sono io ma anche di come sono loro. Sono riuscita a separare dei movimenti inconsci perché li ho fatti emergere tramite la domanda e il ragionamento e il confronto. Ho ripreso me stessa un po' di più. Se una cosa non ci piace, un lato caratteriale, un modo di pensare che si scopre acquisito e mai veramente ottenuto da ragionamento o per averlo fatto passare dal proprio cuore, possiamo metterci lì e cercare un modo per cambiare qualcosa. Non sta scritto da nessuna parte che non si possa fare, tranne nelle convenzioni che vogliono vedere la discendenza come una clonazione o a livello societario dove il non uniformarsi implica automaticamente, nei casi peggiori, l'isolamento. Se tu sei tu, ti senti tu, e vivi la tua identità. Puoi rapportarti agli altri e al mondo con maggiore serenità. RBB