sabato 17 gennaio 2015

Più punti di vista

Non sono la prima né l'unica a rammentare l'importanza del coltivare più punti di vista per vedere meglio il mondo che ci circonda.
Quando si lavora interiormente vedere diventa difficile perché la materia con la quale abbiamo a che fare è astratta, impalpabile. Non si possono usare le mani, non la si può annusare, però possiamo sfruttare la metafora che aiuta a collegare la materia che conosciamo con quella che vogliamo esplorare: questa è l'essenza del potersi rivedere come prismi di conoscenza.
Vedere; sentire, non propriamente udire, ma sentire come imparare a riconoscere una sensazione distinguendola da un'altra senza vederla e assaporare, sono verbi che possiamo usare metaforicamente. Riuscire quindi a usare anche concetti metaforici permette di creare dei punti di vista in più. Osservare là fuori come si muove il mondo, come si muovono gli altri, come si muovono i pensieri, come si manifesta la natura, come la materia spiega se stessa tramite le leggi chimiche fisiche e matematiche serve per rivedere il mondo dentro di noi. E questo è sapere, è conoscenza. Conoscenza alla portata di tutti.
Ma torniamo ai punti di vista multipli. Quasi sempre viviamo essendo abituati a portare avanti l'esistenza tramite un unico punto di vista: noi stessi. Il più grande e complesso punto di vista ma insufficiente e ingannevole se ci fidiamo ciecamente. Noi siamo esseri complessi e l'Ego è grande parte di noi, è il nostro occhio sul mondo e all'Ego non piace molto la compagnia perché significa distruggere la sua sovranità. I punti di vista servono a più livelli di consapevolezza e recano saggezza o, quanto meno, aiutano ad essere persone sicuramente più ragionevoli e più umane, più aperte ed elastiche mentalmente, tutte cose che aprono il canale della luce del cuore.
Vi faccio un esempio. Prendete un cubo e mettetevi in modo da vederne una faccia soltanto. Fatelo per un tempo tanto lungo da dimenticare che state guardando una figura geometrica a tre dimensioni, arriverete a credere che davanti a voi ci sia solo un quadrato, una figura geometrica piana. Ecco, l'importanza di ricercare più punti di vista sta nel rendere giustizia alla realtà senza che l'immagine che avete davanti vi fornisca di essa un'idea sbagliata. Se però vi spostate anche solo di qualche centimetro, in qualsiasi direzione vogliate, ecco che la realtà del cubo inizierà ad apparire per se stessa e non più per come la credevate. Magia? No, pura realtà, e questo vale per il mondo dentro e fuori di noi. Fare questo esercizio dentro di noi porterà l'Ego a sentirsi scomodo, ma se resisterete alle sue lamentele di bimbo capriccioso sono sicura che qualche raggio di luce in più riuscirete a distinguerlo all'interno della vostra foresta personale.
Rita Buccini Between

Dove sta la felicità?

Leggendo qua e là fra i post e le risposte sui social network ho trovato qualcuno che sosteneva che la felicità è sempre dentro di noi e, se non ho capito male, intendeva dire che la felicità è lì nascosta da qualche parte in noi, come un qualcosa di vero che esiste anche se noi non ce ne rendiamo conto momentaneamente. Mi piace pensare, in base a questo spunto, che la felicità sia un seme che abbiamo in dotazione fin dalla nascita e che, durante il corso della vita, capiti qualcosa che lo fa germogliare e crescere in modo che la sua luce ci nutra dall'interno. Ecco, a questo punto il mondo si dividerà: chi dirà che la felicità si trova là fuori da qualche parte, magari con le sembianze di qualcuno o sotto forma di sogni realizzati, mentre qualcun altro dirà che la felicità dipende da come ci sentiamo dentro e che se si sta bene dentro, specialmente sostenendo di amare se stessi, si sta bene col resto del mondo. Ebbene, non mi riesce di schierarmi in assoluto da nessuna di queste due parti poiché entrambe portano delle verità su cui riflettere. E se vogliamo vedere la felicità come un seme interiore in attesa di manifestarsi e crescere, direi che tutto ciò che accade, sia dentro che fuori di noi, ha la sua influenza.
La felicità, se dovessi provare a definirla, in base a ciò che ho provato nel corso della mia vita, direi che è uno stato di armonia interiore in cui tutto vibra con amore. Eppure credo che ogni persona a questo mondo potrebbe descriverla in modo diverso forse legandola a ciò di cui dicevo prima, persone, desideri realizzati, benessere di vario genere, materiale o spirituale che sia. Così come si definisce l'infelicità in base al malessere e al dolore che si prova.
La chiave di tutto è il legame che stabiliamo col pensiero, la forma pensiero che si fa catena e che inganna. L'inganno, se così lo vogliamo chiamare per il momento, è credere che lo stimolo, al quale reagiamo provando sentimenti positivi o negativi, sia la felicità o l'infelicità che proviamo. Lo stimolo dunque, come dicevo prima, può essere un fattore esterno, come un affetto o la realizzazione di un progetto, oppure un fattore interiore di ricerca spirituale appagante o di lotta interna che ingarbuglia l'anima. Se guardate bene, queste cose sono solo elementi i quali, però, possono nutrire o far seccare la parte del cuore laddove sta il seme della felicità. Per comprendere meglio e far chiarezza, dove possiamo, dovremmo provare a non identificarci con le cose: siamo esseri ben capaci di camminare con le proprie gambe e la consapevolezza rafforza i muscoli di queste gambe. Quindi la felicità, è vero, è già dentro di noi, latente, in attesa di essere scoperta assieme alla scoperta del cuore, della pace. Ciò che incontriamo durante il percorso serve a far vibrare le corde in modo da suonare poi una melodìa armonica. E non importa che tale melodia sia perfetta in sé, perché è impossibile che lo sia, dato che siamo tutti diversi, seppur simili. La felicità è una melodìa personale e saperla riconoscere e capire come fare a coltivarla è anch'esso un fattore che contribuisce alla sua manifestazione.
Rita Buccini Between

mercoledì 14 gennaio 2015

"Se desideri come puoi definire un desiderio giusto o sbagliato?"

Questa è una domanda che mi è stata posta da un'amica nell'ambito di un discorso sui desideri e sul desiderare. E ancora, mi ha fatto l'esempio "se sono una bambina affamata e desidero una mela perché dovrebbe essere sbagliato il mio desiderio?"
Proviamo a rispondere. Se la bambina avesse davvero fame e volesse una mela e quella non fosse una metafora non ci sarebbe al mondo desiderio più giusto. Questo è facile da comprendere perché siamo nella realtà e gli elementi sono i mattoni di base. Quando si va oltre, nel mondo dell'astratto le cose si complicano perché i confini diventano meno netti e reali. Confini mentali fortissimi e confini invisibili, confini effimeri, confini costruiti dalla mente che ragiona e ne ha bisogno per potersi sostenere durante il processo, si mescolano fra loro. O nessun confine.
Dire che il desiderio della bambina è impeccabile nella realtà è il mio punto di partenza e di riconoscimento del potere della realtà materiale. Nessuno può discutere il desiderare in base alla fame, che è uno stimolo a continuare a vivere, né il gusto della bambina che sceglie la mela per nutrire se stessa. Se volessimo trasportare questo concetto nell'astratto esso sarebbe la chiave per giustificare ogni pulsione, anche quelle che vibrano un gradino più su dell'ambito fisico, ma non lo ritengo del tutto valido poiché più su c'è dell'altro da integrare. E qui comincio a metterci il mio pensiero, poiché credo che se seguiamo la regola dell'evolversi, guardando con la coda dell'occhio l'essenza dei passaggi di stato della materia, più su si va, vibrando più velocemente, purificandosi, trasparentizzandosi, se così si può dire, più l'ego che desidera si deve piegare alla saggezza della comprensione del cuore specialmente se ci sono più anime in gioco. Questo, perché? Perché se la mela è una persona e noi la desideriamo non possiamo accontentarci di ricercare di gratificare noi stessi e basta in base alla fame che abbiamo. Le persone non sono il cibo che ci nutre ed è per questo che spesso è doloroso separarsi perché ci accorgiamo di quanto dipendiamo dagli altri, dalla loro presenza, dai loro favori, dalle loro parole. Riuscire a crescere abbastanza da capire la differenza tra il desiderio di base di un bambino e il desiderio ricco di sfumature di un adulto in cui la coscienza dialoga col cuore, è essere adulti con saggezza. Le persone, come anche noi siamo, sono cuori che pulsano indipendentemente da tutto il resto fatto di credenze e colori o agiatezze o meno. Siamo solo cuori. Se ci ritroviamo a desiderare un cuore non possiamo trattarlo come tratteremmo una mela che desideriamo per sfamarci, un cuore implica più consapevolezza ed elevazione interiore, non propriamente spirituale, piuttosto, consapevolezza di delicatezza necessaria per maneggiare tale "frutto". Il bambino dunque se non ha la mela piange perché ha fame e non sa come andare avanti senza ciò che desidera. Chi ama non può fare così. E scoprirlo a spese proprie fa male. Se il bambino metaforico, non reale, riesce a starsene un po' a digiuno, cercando di non logorarsi sulla mela, può scoprire che dentro di sé ha la forza che non credeva di avere, quella che se ne sta come riserva nascosta per i tempi duri, quella che lo fa evolvere e gli fa capire che lui stesso non si può identificare con il suo desiderio. Che non è il desiderio ad essere giusto o sbagliato perché in fin dei conti il desiderio è solo una espressione di sé, di ciò che c'è dentro, ciò che rende qualcosa giusta o sbagliata è la visione che abbiamo, ciò che pensiamo e come usiamo quello che pensiamo. Così andrebbe da sé definire sbagliato un desiderio che porta chi lo brama a fare qualcosa di non corretto, se egli stesso non lo sa domare, non gli sa resistere, non lo sa comprendere e trasformare. Io insisto sempre sulle sfumature perché spesso la chiave di volta sta proprio lì. Non si deve definire sbagliato o giusto un desiderio poiché un desiderio è solo se stesso: un desiderio. Il giusto o lo sbagliato sono ciò che facciamo per ottenere ciò che desideriamo e lì, in quello spazio infinito di possibilità a nostra disposizione per agire e ottenere, sta la crescita personale e la direzione che gli vogliamo dare, se verso la luce o verso l'ombra.
Rita Buccini Between

domenica 4 gennaio 2015

L'esperienza che cambia la visione delle cose

Per sintetizzare al massimo potremmo dire che ciò che incontriamo nella vita durante il percorso, ciò che lo personalizza, sono le esperienze. Ogni esperienza, sempre volendo sintetizzare, serve per confermare o per confutare ciò che pensiamo. L'esperienza insegna, come si dice, e forgia ciò che siamo. Il nocciolo della questione però non è l'esperienza in sé, è la visione che custodiamo in noi. L'esperienza è lo strumento con cui lavorare su noi stessi, consapevolmente o in parte inconsapevolmente tramite le reazioni immediate, quelle di pancia, che eludono il controllo mentale. Ciò che vediamo dunque è ciò che ci definisce poiché attingiamo a quello per portare avanti il nostro discorso di vita.
Quando le cose vanno bene, l'esperienza vissuta, arricchisce positivamente la visione del mondo che abbiamo. Se, al contrario, le cose vanno male diciamo che l'esperienza è stata negativa, vestendola così con un'opinione. Io dico che per andare un passo oltre, per affrancarsi dal mantello del giudizio, che talvolta svia dal vedere con chiarezza l'esperienza stessa, si dovrebbe avere la forza di guardare l'accaduto senza giudicarlo, come se fosse un insieme di componenti meccanici, o l'insieme di ingredienti di una ricetta. Nulla di più. Non che sia facile farlo, poiché l'esperienza si lega a noi e noi siamo ad essa legati tramite le sensazioni e i sentimenti.
Ma noi non siamo i pensieri o i sentimenti, noi produciamo pensieri e vibriamo di sentimenti. E la differenza c'è.
Tutto questo per dire che se ci lasciamo cambiare dall'esperienza, che questo cambiamento sia operato col cuore, con la sincerità, con il riconoscere la cosa giusta e la giusta correzione dei propri errori, non per rabbia, paura, scottature varie specialmente se si parla di esperienze a due.
Nell'esperienza a due, che si parli di coppia o di rapporto di amicizia, molti fattori delicati entrano in gioco perché fanno riferimento al cuore e lì, si sa, tutto si sente con maggiore sensibilità. Gli equilibri sono delicati solo se la radice non è forte, se le fronde dell'albero che ne nasce, con le sue luci, si spaventa del passaggio di un solo refolo di vento.
Nell'esperienza a due è facile ingannarsi e definirla negativa poiché siamo stati feriti, per esempio, così da dipingere la prossima persona con gli stessi colori della precedente. In questo caso, se si riesce a vedere più in profondità, l'esperienza vissuta dovrebbe farci vedere che è solo un tempo vissuto e che non è legata al carattere dell'altra persona anche se esse formano un insieme con cui abbiamo avuto a che fare. Come reagiamo, cosa vediamo, ciò che pensiamo, non è colpa né merito dell'altro se non in minima parte.
Tutti siamo come una sorta di strumenti che risuonano accanto alle vibrazioni altrui ma passiamo la maggior parte del tempo a credere che questo vibrare sia davvero parte di noi, se non, addirittura, noi stessi. Quindi allontanarsi può servire a comprendersi reciprocamente o anche a comprendere noi stessi più in profondità, purché, come dico sempre, si sia sinceri.
Dunque l'esperienza può cambiare la visione delle cose o può rafforzarla, tutto dipende da come comprendiamo, da quanto siamo pronti a riconoscere di noi o dell'altro, da quanto peso diamo alle colpe o se le riusciamo a vedere e a guarire, tutto questo però che non accada passivamente, che non si sia sbrigativi perché comunque l'esperienza ha sempre bisogno che la si guardi in faccia anche quando non ci piace, nei casi più difficili. Ciò che otteniamo, che la nostra visione per il futuro cambi o meno, deve passare dal cuore per essere realmente efficace. L'unica cosa inutile e controproducente è proiettare il giudizio o il sapore o il colore dell'esperienza nel futuro perché così facendo, al di là della positività o negatività, l'esperienza futura ne sarebbe "inquinata". E questo vale sia che ne abbiamo ottenuto meraviglia sia dolore.
Rita Buccini Between