lunedì 28 marzo 2011

Musica. Viaggio nelle emozioni con i Modà, ascoltando il cd VIVA I ROMANTICI

Ho sempre pensato che la musica fosse un linguaggio universale. Lei, la musica, sa arrivare là dove le parole si inceppano e si fermano, dove certi concetti hanno esaurito le frasi a loro disposizione per essere espressi. La musica vibra insieme alle corde del cuore, il migliore strumento musicale che abbiamo in dotazione. Quindi anche una sola canzone può comunicare direttamente con la parte più profonda, più vera e più delicata di ciascuno, riuscendo a varcare ogni confine mentale, ogni limite razionale, ogni convenzione, per camminare, con tutta la sua sincerità, nel regno dell'emozione. Se, ascoltando un brano, riusciamo a sentirci in sintonia con il testo e con la musica, possiamo provare, almeno in parte, le stesse emozioni che l'autore ha voluto condividere, che ha voluto comunicarci. Non è sempre facile credo, e lo dico da ascoltatore, riuscire ad abbinare l'emozione musicale con quella evocata dal testo. Non sempre le parole sono in armonia con la musica, ma qui, questi cinque ragazzi che compongono il gruppo dei Modà, sono stati capaci, secondo me, di creare delle speciali emozioni. Acquistato il cd sono andata a leggere i testi e, in fondo al libretto, nell'ultima pagina, ho letto questa frase, che mi ha colpita:

"Acquistando questo cd ci permetti di continuare a credere nel nostro sogno, grazie di cuore."
                                                                                                                       i Modà

Dentro di me ho risposto: grazie di cuore a voi.
Credere nel proprio sogno è importante, è il migliore esempio che conosco per mantenere in vita la speranza. A volte il percorso è difficile, ma un giorno ARRIVERA' quel momento in cui tutto si aggiusta. Per alimentare un sogno, lo sanno tutti, serve la passione e le emozioni ne fanno parte. Quante volte, ascoltando una canzone, ci ritroviamo in essa, tra quelle righe, rievocando cose che sono accadute anche a noi, quante volte... E quando senti dentro di te tanto fortemente una data emozione, ma credi di essere solo, e credi che nessun'altro possa riuscire a capirti o a condividere ciò che stai provando, allora accade che, ascoltando della musica, se una canzone riesce a descrivere quelle tue stesse emozioni, smetti di sentirti solo e questo, secondo me, è un piccolo miracolo quotidiano. Credo quindi che il potere speciale e prezioso della musica, il suo valore, stia in questo e nel contributo che dà alla conoscenza di se stessi. Nel confronto fra quello che abbiamo dentro e ciò che troviamo fuori di noi, possiamo recuperare il bandolo della matassa per non perdersi nel mare immenso delle emozioni, che talvolta ci sommerge. Rievocando sentimenti che sono, bene o male, comuni a tutti quanti, la musica ci rende più vicini gli uni agli altri, più di quanto si possa pensare, poiché è facile capire che il cuore non conosce discriminazioni di alcun tipo. Grazie, dunque, a ciascuno di voi, Francesco, Enrico, Stefano, Diego e Claudio, per il vostro sogno e il vostro lavoro.

domenica 27 marzo 2011

Dalai Lama e mandala di sabbia tibetani. Un senso della vita.




All'inizio del video si vede la costruzione di un mandala di sabbia. Per fare ciò serve molto tempo, come per la costruzione di qualsiasi cosa. Per la distruzione bastano anche pochi secondi, ma per la costruzione il tempo impiegato è sempre maggiore di quello che serve per la distruzione. Il ciclo della vita lo insegna, basta osservare. Usare il simbolismo per esprimersi rende l'informazione forse più immediata, sicuramente sintetica. Un mandala di sabbia è un simbolo che ha un significato, o molteplici significati contemporaneamente, a seconda di ciò che conosciamo già, fino a quel momento, ma non è questo il punto importante. Quello che io stessa ho capito, pur non conoscendo la cultura tibetana né il significato specifico dei disegni di un mandala, è in paragone con ciò che la vita propone. La costruzione e l'impegno per essa, il tempo necessario a realizzarla; come quando si lotta per una guarigione, che potrei dire essere un tipo di costruzione diversa nel concetto ma simile nell'essenza;  la lentezza della ruota della vita che ha bisogno di pazienza per essere interpretata con la presenza in se stessi e, al termine del percorso, la distruzione, per la quale basta anche un soffio, o un solo gesto, per attuarla, che dipenda o meno dalla nostra volontà. L'impermanenza. Accettare la vita, le cui luci sono le costruzioni e le ombre le distruzioni, richiede forza e pazienza, coraggio. Tutto scorre perché siamo parte del flusso della vita, della ruota del tempo, non ne siamo al di fuori. Tutto è in gestione, le cose che abbiamo, quelle che accumuliamo poiché nasciamo senza nulla e ce ne andiamo senza nulla. Ma ciò che sta in mezzo è la ricchezza del significato che riusciamo ad attribuire alla vita che viviamo, a come la viviamo, alle scelte che facciamo, ai nostri no ed ai nostri sì, a tutto quello che riusciamo a comprendere senza lasciare che la vita scivoli via senza scalfirci, senza averci sfiorato con le sue occasioni. La nostra unica ricchezza è la consapevolezza di questo perché è il percorso che conta, quasi mai la meta.


sabato 26 marzo 2011

Tutti quanti siamo esseri speciali

Uno dei motivi per cui ho scritto il mio pensiero di oggi, intitolato "Giudizi e pregiudizi", deriva dal fatto che qualche volta, coloro che mi conoscono personalmente, mi giudicano, si fanno un pensiero su di me che qui vorrei poter ridimensionare, per evitare che, un domani, si trasformi nello strumento che mi allontana dalle persone, invece di sortire l'effetto contrario. Giudizio positivo, in verità, ma sottolineante il fatto, per esempio, che le cose che scrivo non sono sempre facili da comprendere. Non uniformandomi a certi canoni esco dalle righe; che inconsciamente sia un modo per astrarmi dal resto del mondo perché in fondo ne ho paura? Parlo e parlo, questo è il mio blog, attingendo a tutto ciò che ho dentro e che ho maturato in tanti anni di costanti riflessioni e attenzione per le cose intorno a me. Vuoi per curiosità, vuoi per necessità, vuoi per studio, quando c'è stato, il fatto è che la mia attitudine è questa: comprendere le cose per vederle con maggiore chiarezza e condividere questo mio punto di vista. Che un giorno torni utile qualcosa di ciò che dico, se altri già non l'hanno detto, è secondario. La cosa importante è coltivare la possibilità di potersi esprimere e questo, qualche volta, è un privilegio. Non tutti possono farlo, e questa è una realtà. Il titolo che ho dato a questo post nasce dal fatto che credo fermamente che per tutti sia possibile riconnettersi con se stessi, se così non è per il momento, tanto da potersi esprimere per ciò che si è nel proprio presente. L'accettarsi con i propri difetti e pregi, luci od ombre, è prezioso, e lo ripeterò spesso, quindi perdonatemi fin da ora. Questo non lo dico soltanto io, l'ho sentito dire da persone che sono in sintonia con gli equilibri della natura, e con la saggezza di popoli che hanno sofferto per il pregiudizio e le guerre, per le discriminazioni e le repressioni subite da altri popoli che hanno dimenticato di guardarsi dentro per accorgersi che stavano uccidendo dei fiori diversi, senza capire che, invece, erano altrettanto belli. E siamo tutti esseri speciali per le nostre potenzialità o per le nostre peculiarità, per essere semi che devono ancora trovare il giusto terreno dove affondare le radici, o per essere arbusti, rami con, o senza gemme perché la propria stagione non lo permette ancora, o per essere fiori già sbocciati e consapevoli della brevità della vita a disposizione; la cosa speciale è esistere in molteplici aspetti tutti insieme, contemporaneamente.
Così, al di là, di ciò che si pensa di me, che io sia troppo oltre o non ci arrivi, vorrei pensare di sedermi a gambe incrociate su di un prato verde per condividere tutto ciò che ho, da pari a pari.
E la cura che dobbiamo mettere per coltivare noi stessi e gli altri è solo il nostro amore.

venerdì 25 marzo 2011

Giudizi e pregiudizi

L'argomento è vasto e soggetto a molteplici opinioni. E' facile, mentre siamo a contatto con gli altri, lasciare che la mente produca un pensiero, che deriva dalla sensazione che si prova vicino a qualcuno. Non conoscendo questo qualcuno si attinge alla sensazione a pelle. Man mano che si parla e si interagisce il primo "giudizio" prodotto può anche modificarsi, o confermarsi. In ogni caso la reale conoscenza e scambio di punti di vista fa in modo che l'eventuale "giudizio" si trasformi in semplice pensiero che ci lega all'altro. Così archiviamo dentro di noi una serie di punti di riferimento, che ci servono per ridefinire continuamente l'altro, per dare un indirizzo alla nostra memoria, ogni volta che abbiamo a che fare con quella specifica persona. Allora, possiamo ammettere che conosciamo qualcuno davvero, nel caso in cui la continua interazione verbale aggiorna questa stessa conoscenza. Parlare, scambiarsi pensieri e idee genera un flusso di continuità tra le due persone e le protegge dal reciproco pregiudizio. Questo è il mio pensiero. Ho cercato la definizione di "pregiudizio" che dice trattarsi di un "giudizio basato su opinioni precostituite invece che sulla conoscenza diretta o sull'esperienza" e le opinioni precostituite possono essere "voci" che circolano, oppure opinioni comuni, volate di bocca in bocca, senza che chi gli ha prestato voce si sia mai posto l'interrogativo se, ciò che sta tramandando, ha dei fondamenti reali oppure no. Tuttavia il pregiudizio è pure un giudizio superficiale, sommario, senza verifiche, sempre secondo me. Come fidarsi del colpo d'occhio senza aver controllato se siamo capaci di vederci bene. Nessuno è immune da errori in questo campo, ma l'atteggiamento che abbiamo nei confronti di noi stessi, in primo luogo, quando ci viene spontaneo giudicare qualcuno o qualcosa, se è quello di una persona che non si vuol fermare all'apparenza, il giudizio o il pre-giudizio sono soltanto un'espressione effimera. Effimera nel senso che esiste per un lasso di tempo breve, pronta ad essere sostituita dalla conoscenza diretta. Desiderare la reale conoscenza delle cose e delle persone richiede, però, la qualità di accettare qualsiasi tipo di informazione si ricavi da questa, senza paura. E la paura spesso è alla base del pregiudizio. Chiudere gli occhi è più facile e immediato che aprirli, così come è meno immediato tutto ciò che richiede energia per essere affrontato. A nessuno piace faticare, quindi la via più breve, e in piana, è la scelta primaria. Anche la mancanza di tempo per stare a riflettere sulle cose, è quasi impossibile con ritmi di vita frenetici, stando sempre rivolti a uscire da se stessi piuttosto che ad entrarci. L'introspezione potrebbe essere vista come un abito da mettere in soffitta per non sfigurare. Ma è anche vero che un'esagerata introspezione, a meno che non si scelga la via dell'eremita, porta via dalla vita, la ruba allo stesso modo dello scegliere eccessi di divertimento o sballo. Più semplicemente smettiamo di essere in equilibrio. La mia scelta personale è stata quella di vivere la vita salvaguardando, dove possibile, almeno un po' di tempo per soffermarmi a riflettere, per ricapitolarmi periodicamente, per vedere cosa è cambiato in me e per poter riuscire a stare in mezzo agli altri, cercando di non smettere di imparare a vedere oltre l'apparenza.
Ho trovato anche questo aforisma.

"Un'idea giusta nella quale ci si insedia, al riparo dalle contraddizioni, come al riparo dal vento e dalla pioggia, per guardare gli altri uomini scalpicciare nella melma, non è più un'idea giusta, è un pregiudizio." GEORGES BERNANOS

giovedì 24 marzo 2011

Loreena McKennitt - Seeds Of Love

Ancora apparenza

Questa immagine risale all'anno scorso.

 Mi piaceva l'idea che sembrasse un volto, come se un semplice lampione di un giardino pubblico potesse avere vita propria. Solo apparenza e l'abitudine umana di associare delle forme conosciute a delle idee. Forse è così che nasce la fantasia e, se si ricorda sempre con molta chiarezza dove sta il confine tra la realtà e l'immaginazione, si può sperimentare la sensazione di varcare i confini che abitualmente ci poniamo. Il regno della fantasia, o Fantàsia, come lo chiama Michael Ende nel suo libro "La Storia Infinita" ha sempre bisogno di essere nutrito da tutti coloro che credono sia possibile farlo. Ma tornando nella realtà quotidiana, il giorno che si incontra qualcosa che non siamo abituati a conoscere, o ci è lontano nel concetto, la prima reazione è ritrarsi perché si prova paura. Questo perché il colpo d'occhio è quasi sempre il primo comando che diamo inconsciamente, la reazione alla cosa inusuale per noi. Raramente si prova subito meraviglia a meno che non si tratti di un qualcosa di bello. Un volto strano, come quello di questo lampione con il sole dietro, è vagamente inquietante, e questo lo dico dopo averlo fotografato. Mia opinione, quindi apparenza relativa al mio punto di vista, derivata dalle cose che provo, che conosco o che non conosco, poiché contemporaneamente siamo composti da ciò che si sa e ciò che non si sa. Eppure, quando guardo questo lampione mi sembra di poter trovare un varco tra i miei soliti confini. Potrei tuffarmi da questo limite verso l'ignoto dentro di me per provare a sconfiggere la paura che provoca l'apparenza. Se varco il confine ricordando che questo è un lampione, che se mi sposto anche di pochi centimetri il sole torna ad essere visibile come tale, posso incamminarmi sul terreno che non conosco mantenendo i piedi per terra. E credo che questo esempio possa essere applicato anche a ciò che sta accadendo adesso nel mondo. L'attualità vede sempre più mescolanze tra persone di culture differenti, volti dai lineamenti diversi con abiti e abitudini che non ci sono proprie, e questo vale per chiunque sul pianeta. Se la prima reazione fosse di accoglienza invece che di rifiuto potrei finalmente credere che la paura è stata domata. Tante persone però riescono ad andare oltre ciò che non gli è familiare e questo crea semi di pace e d'amore, perché ciò che conta, al di là delle abitudini, e dell'apparenza, è valutare la luce degli occhi e la luce del cuore di ogni essere vivente. Questi canali non mentono perché raccontano solo storie di vita, di uomini e donne, che nascono, crescono, sono bambini, diventano adulti, soffrono per i più disparati motivi, invecchiano e lasciano la Terra ai loro posteri così come sempre è esistito dall'alba dei tempi.

Bonny Portmore

mercoledì 23 marzo 2011

Apparenza e dintorni

Vi è mai capitato di alzare gli occhi al cielo, in un giorno in cui le nuvole erano in continuo movimento, portate dalle correnti in quota, e di giocare a cercare di riconoscere delle figure in quelle nubi? Per fare questo non serve conoscere l'indirizzo esatto del regno della fantasia, è sufficiente interrompere per un momento il solito modo di vedere le cose. Qualche volta può capitare di riuscirci subito, al primo sguardo e, qualche altra, serve un po' più di tempo. Non è importante, ciò che è prezioso è non giudicare negativamente l'applicarsi nell'esercizio. Un sorriso che nasce nel cuore aiuterà, fidatevi, e cercate di non ricacciarlo giù, pensando che il tutto è solo una sciocchezza. E' così che si può guardare in modo diverso ciò che da sempre crediamo sia solo ed esclusivamente in un unico modo. La scelta comunque rimane arbitraria, ciascuno decide per se stesso come meglio crede. Ma questo non toglie che ci siano modi differenti per affrontare o vedere una stessa cosa. Qui entra in gioco ciò che siamo e ciò che diamo agli altri attraverso il nostro specifico punto di vista. E' un contributo alla conoscenza.
L'anno scorso ho conosciuto una persona, Lucilla. Lei ama tutto ciò che fa parte della natura e lo sente dentro al suo cuore, tanto da riuscire ad avere una speciale sensibilità. Da lei ho imparato a vedere alcune cose con occhi diversi, poiché è possibile. Il suo lavoro di fotografa della natura, che rivela forme antropomorfe negli alberi è un contributo alla conoscenza, specialmente di se stessi. Questo perché, al di là del fatto che non tutti possono condividere, né vedere le stesse cose che sono state ritratte, lei offre il suo punto di vista con sincerità, e questo è l'esempio più importante per essere persone migliori, se questa è la ricerca che stiamo compiendo. Così, da lei, ho imparato a guardare i tronchi degli alberi in modo meno superficiale e, sorprendentemente, ho visto delle forme particolari che mi hanno suggerito dei volti. Qualcuno può chiamare tutto ciò suggestione, l'opinione è libera come il pensiero, ma ho fatto delle foto e una la metto qui, per far giocare anche voi, alla ricerca del volto nel tronco dell'albero. Albero che, anche senza mostrare segni di alcun tipo, è ugualmente vivo e individuo esistente, che respira e, qualora qualcuno se lo fosse dimenticato, produce ossigeno, rinnovando l'aria che ci è indispensabile per vivere.
L'apparenza, in questo caso, assume un valore di suggerimento, per ricordare che in ogni momento si può modificare qualcosa in noi, per aggiungere mattoni per la costruzione di quello che siamo. La conoscenza delle cose serve, è uno strumento da utilizzare nel percorso, non è un fine ultimo.

martedì 22 marzo 2011

Farfalla gialla

Questa mattina ho visto una farfalla gialla che, volando, mi è venuta vicina per un attimo, poi è andata oltre, attraversando la strada in un momento in cui non passavano veicoli. C'era il sole, il cielo azzurro faceva da sfondo agli alberi ancora spogli. Anche se le prime gemme già ci sono. La promessa della primavera. Credo che segnare nella memoria questo ricordo sia importante. Ciò che accade nella frazione di un secondo non è meno rilevante di quello che si manifesta in un arco di tempo più lungo. La farfalla gialla ha incrociato la mia esistenza facendomi venire in mente delle cose. Come un input donato dalla natura. Solitamente si passa gran parte del tempo in modalità distratta, sempre pensando a qualcosa che non è lì con noi in quell'esatto momento. Le varie faccende da sbrigare o i conti da pagare, il lavoro, i progetti per domani o dopodomani, l'uscita serale e non ultime le preoccupazioni per le persone care che non ci sono vicine per vari motivi. Raramente siamo totalmente presenti in noi per apprezzare l'attimo. Lei oggi era lì e vederla volare, anzi svolazzare, mi ha fatto arrivare al cuore un soffio di allegria. Quel suo giallo pieno delle ali mi ha riempito gli occhi per un istante, e adesso che ci ripenso, mentre sto scrivendo queste parole, dentro di me trovo anche un granello di sensazione differente. Un po' nascosta vedo anche la fragilità, vedo la consapevolezza di dover accettare l'effimero. La vita della farfalla non è lunga, messa a confronto con la nostra, così come la nostra è un niente paragonata a quella di un albero secolare e quest'ultimo vive un istante nei tempi di metamorfosi del pianeta, e si potrebbe andare oltre rivolgendo lo sguardo alle stelle, alle galassie e all'universo. Ma si potrebbe andare anche nell'altra direzione, considerando esseri organici infinitamente piccoli per addentrarsi nella materia, passando dalla cellula alle molecole, agli atomi e oltre, verso l'infinitamente piccolo. I tempi di esistenza hanno un significato se messi a confronto, in realtà, se ci si pensa bene, presi per se stessi, sono soltanto dei tempi che sono a disposizione per vivere. Null'altro che questo. Ma è una magra consolazione poiché, tanta parte, in noi, hanno le emozioni. Tuttavia la farfalla gialla oggi è esistita, è passata, è stata ricordata e la sua vita avrà contribuito a qualche riflessione, anche se lei, questo, non lo saprà mai. Grazie Farfalla Gialla.

The emergence of the butterfly:Ideopsis similis

Un seme

Un seme è un'entità distinta, che racchiude in sé tutto ciò che le serve, per poter germinare e dare origine all'individuo che il suo DNA codifica. Si porta dietro il concetto della potenzialità, racchiuso in uno spazio anche di ridotte dimensioni. Poi capita che cada da qualche parte, o sia trasportato, in vario modo, nel luogo in cui inizierà il suo percorso di crescita, la sua trasformazione in individuo. E, quando sarà cresciuto abbastanza, diverrà capace di riprodurre se stesso, creando un nuovo seme, o più di uno, per avere maggiori possibilità di riconfermare la sua esistenza, con il suo codice specifico. Questo decreta la natura. Non vi sono incertezze, né ritardi dovuti a dubbi di scelta. Un seme, con la sua immensa potenzialità ha, allo stesso tempo, una grande responsabilità nei confronti della vita. Non si può (né lo fa) concedere di interrogarsi se è meglio, oppure no, nascere nel luogo che il caso ha deciso di definire per lui. Non vi sono ripensamenti una volta che il processo si è innescato. Solo gli eventi esterni possono interrompere la sua crescita. Piogge o siccità possono creargli difficoltà, mentre la terra cerca di proteggerlo. E non è detto che la sua resistenza venga meno durante la manifestazione di eventi catastrofici. Il seme è un guerriero valoroso. Sa stare al gioco e non si lamenta se perde la partita. La sua forza è l'andare o, se preferite, l'ESSERE. La sua integrità dona robustezza alla pianta che deriva da lui, sia poi un filo d'erba o una sequoia gigante. E non crediate che sia inconsapevole di se stesso anche se potrebbe sembrarlo. Il suo non lamentarsi del dolore e delle difficoltà potrebbe indurre a credere che non si renda conto e sappia solo crescere nonostante tutto. E anche così sarebbe positivo. In ogni caso, la sua forza non viene mai oscurata, mentre si esprime con tutto se stesso. Quando la pianta madre lo rilascia nell'ambiente è pronto a partire per il suo viaggio in qualsiasi momento. Non ha paura poiché dentro di sé ha tutto il necessario per iniziare a crescere. Il suo sapere, fatto di elementi nutritivi necessari allo sviluppo, è concentrato. Il seme non disperde la sua energia perché sa che è la cosa più preziosa che possiede per la vita. E quando intorno è tutto pronto qualcosa dentro di lui si muove. Nasce una radice, ne basta una per iniziare ad ancorarsi alla Terra. Poi tutto prosegue e si muove verso la costruzione del nuovo individuo. E lì, proprio lì, dove ha preso dimora si innalzerà verso la luce del sole per abbeverarsi ad essa, sua sorgente necessaria. E, in quell'esatto punto del mondo, nessun'altra pianta esisterà finché quella che vi è nata resisterà e vivrà. Un unico, in tutti i sensi, punto di vista prezioso da ascoltare, da osservare, per ricavarne la saggezza necessaria alla vita che anche noi abbiamo, e condividiamo su questo stesso pianeta. Anche l'essere umano nasce da un seme e il processo di crescita non è poi così diverso da quello del seme di un albero o di un fiore.

domenica 20 marzo 2011

Magnificent U2

Un graffio sul cuore

Questo l'ho scritto il 23 luglio del 2010

Non siamo immuni dalle catastrofi, e neppure vogliamo graffi sul cuore, ma la superficie di quest'organo, che custodisce la parte più luminosa e più vera di ciascuno, è molto delicata. E i graffi compaiono, perché spesso siamo maldestri nelle interazioni con gli altri, principalmente, e con le questioni quotidiane, poi. Può capitare che ci si graffi a vicenda per cecità e sofferenza, oppure per insofferenza. E negli occhi non esiste comando, né nella mente, che possa guidare bene il nostro andare. Rimane soltanto il cuore, seppure graffiato, a custodire i giusti passi verso la pace.

Fotografia di guerra

Questo racconto l'ho scritto nel febbraio del 2008, guardando uno dei tanti notiziari in tv. Purtroppo, ancora oggi, a distanza di tre anni, mi sembra ancora spaventosamente attuale. Vorrei poter scrivere sempre di cose positive, ma quello che c'è nell'aria, negli ultimi tempi, suggerisce di riflettere. Personalmente preferisco la pace e non riesco mai a capire come sia possibile affermarla accogliendo la guerra. Mi sfugge sempre il nesso.

Fotografia di guerra 
Quattro lati tagliati netti e angoli a novanta gradi. Il supporto è carta lucida come lo schermo di un televisore. O viceversa. L'audio non serve perché l'immagine parla da sola. Urla nella mente di chi sta lì a guardare, magari mentre sta masticando la solita pasta di mezzogiorno. Da sempre più tempo siamo abituati a vedere sangue e morte mentre mangiamo, come se qualcuno volesse renderci impermeabili a queste cose. Eppure il cibo continua ad essere masticato e mandato giù quasi senza scosse. E' normale. Si dice. Come se la normalità fosse una sequenza di cose sempre uguali che, per abitudine, si traveste da punti di riferimento per tutti coloro che non si sentono più capaci di camminare da soli. Come stampelle per zoppicare meno e far credere agli altri di non avere problemi. Così, questa normalità acquisita, non bada a cosa la rende tale, in definizione, e lascia carta bianca alla mente, che crede sia normale pasteggiare su scenografie macchiate di odio e sangue. Come olio e salsa di pomodoro che macchiano sbadatamente la tovaglia pulita. E allora come si fa? Meglio toglierla subito, prima che le macchie si incrostino troppo. E sarebbe bene candeggiare. Ma la scenografia della televisione rimane lì. Non si può togliere facilmente se non cambiando canale. Un po' come il tempo atmosferico, non puoi contrastarlo, lo prendi come viene. Ma non ci si può rassegnare a comprare un ombrello per ripararsi dalla pioggia. Qui non si può scappare, anche se un telecomando te lo rende la cosa più facile del mondo. Le immagini scorrono insieme ai volti che le animano. Una lacrima sporca cola giù dalla guancia rotonda e polverosa di un bambino. E' spettinato. Ma i suoi occhi mi feriscono dentro. Quanti giorni di telegiornale ho vissuto, con quella speciale indifferenza acquisita con la pratica, e non ho mai visto nessuno di loro. Non c'è audio, non serve, il suo urlo è fatto di sangue secco, aggrovigliato alla paura e alla morte che ha visto. La polvere e la sabbia del deserto lo colorano in modo uniforme e le sue lacrime vorrebbero lavarlo. Ma non bastano, come non bastano le nostre, che stiamo davanti allo schermo a migliaia di chilometri di distanza. Chi crea la guerra dovrebbe iniziare a piangere e forse quelle gocce diverrebbero consapevolezza per iniziare a fare pace. Ma lui è ancora lì, solo che adesso ha preso forma sullo schermo della mia mente e so che non sarà facile conviverci. Non voglio dimenticarlo, ma fargli spazio in me significa assumere, per il momento, una nuova forma più scomoda, perché la pace della normalità si è macchiata. Se piangessi insieme a lui potrei somigliare al deserto in cui vive. Adesso ricordo un po' meglio perché sono diventata indifferente. Per non morire ogni volta che vedo qualcuno che ha il cuore squarciato dal dolore. E' normale dire "meno male che qui non accade". E' normale. Fino al giorno in cui la troppa normalità si ribella e, da subdola uguaglianza in serie, si trasforma nel fiuto della mente che, talvolta, presagisce qualcosa. S'interrompe la continuità e tu devi risistemarti in una nuova posizione. Magari il cambiamento è impercettibile ma qualcosa dentro non sarà più uguale a prima. Come la vita per quel bambino del deserto, che continua a piangere e a gridare dal rifugio di quegli occhi così vivi in mezzo a tanta morte. Ha una mano adulta che gli circonda la spalla mentre l'altra si appoggia ad un fucile, e lui guarda il cameraman. E guarda noi. Mi dispiace di non essere lì con te, bambino. Mi dispiace di non conoscere il tuo nome. Vorrei essere immensa e spietata come un uragano per cancellare tutto l'odio che alimenta la guerra, così potresti tornare a giocare almeno un altro po', prima di crescere. E, nel tuo diventare uomo, vorrei essere un raggio di sole del tuo cuore, che credo non si oscurerà mai, per ricordarti di non odiare chi ti ha rubato l'infanzia e la famiglia. Perché so che nel profondo di quegli occhi che oggi, piangendo, vedono solo distruzione, c'è una forza grande. Qualcuno, con tanto amore, dovrà insegnarti a coltivare questa forza e a credere in essa senza riserve. La tua speranza di poter cambiare. Da qui, io posso soltanto credere in questo per non dimenticarti. 


Lo scrivo oggi, pensando alla scena che ho visto stamattina. Una mamma teneva per mano il suo bambino e lo aiutava a scendere uno scalino che per lui era altissimo, in verità solo pochi centimetri. Li avvolgeva il reciproco amore, e la calma della pazienza per l'attesa della crescita che ha bisogno di costante insegnamento. Magari loro non vedranno mai la guerra, ma il contrasto dei pensieri in me ha fatto riemergere il ricordo di questo mio scritto.
Che pace sia sempre in voi, se intorno, per il momento, non c'è.
RBBetween

The End Of A Rainbow by Earl Grant

Arcobaleno

Se un raggio di luce solare, o luce bianca, passa attraverso un prisma triangolare trasparente, viene scomposto in sette colori: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto. Se questo arcobaleno passa di nuovo attraverso un altro prisma triangolare trasparente ne esce fuori ricomposto in un raggio di luce bianca. Questo è un fenomeno verificabile, concreto. Ho chiamato il mio blog "prismi di conoscenza" perché ho voluto fare un parallelo tra questo e l'essere umano. Abbiamo vita e luce in noi e tutto intorno. Siamo illuminati costantemente sia dalla luce solare, sia da ciò che ci viene insegnato, e questa è la luce che ci permette di imparare cose nuove per la vita stessa. Comprendendo scindiamo le informazioni e le adattiamo per convivere con il presente di cui siamo testimoni. Ci coloriamo a seconda delle emozioni che proviamo ed emettiamo la nostra melodia personale. Ci sintonizziamo costantemente con un colore oppure con l'altro, abbiniamo abiti e accessori. Siamo, se vi piace la definizione, dei prismi che hanno in sé la capacità di trasformare un raggio incolore in sfumature infinite di colore. E il giorno in cui riprendiamo in mano noi stessi, riflettendo e guardandoci attraverso le varie sfumature che ci compongono, siamo capaci di sintetizzare una dispersione per riemettere un raggio di luce pura. Restituiamo al Sole quello che ci ha prestato per comprendere la vita che abbiamo a disposizione. Poiché una è la possibilità che abbiamo qui con queste specifiche circostanze, una sola vita in questo presente.

venerdì 18 marzo 2011

Domani plenilunio speciale

E' notte, un momento in cui posso iniziare a rilassarmi. Molte volte è capitato che, volontariamente, aspettassi quelle ore di notte fonda per lasciare che il silenzio riprendesse il suo spazio e fosse percepibile. Stasera è la vigilia di un plenilunio speciale. La notizia, che è stata data anche nei telegiornali, è che domani la luna sarà al perigeo, ossia si troverà nel punto più vicino al pianeta. Forse, con un po' di fantasia, potremo anche riuscire a sentirla davvero più vicina, oltre al fatto che sembrerà davvero più grande del solito. Se il cielo sarà senza nubi o foschia la luce riflessa del sole mostrerà se stessa in tutto il suo splendore. Al di là di qualsiasi diceria o superstizione, trovo che poter vedere la luce solare, in una parte del "giorno" in cui essa non si mostra in modo diretto, sia un suggerimento per la nascita di un pensiero. Può esserci della poesia insieme alle molecole di ossigeno nell'aria che respiriamo, possibile. E' per questo che credo che un plenilunio sia come il ritrovare la speranza, come quando, nel buio, senti prepotentemente la forza di una sola scintilla di luce, se la ami. Il conforto è palese e cerchi di usare questa luce ritrovata per continuare ad imparare. A vivere.
Certe volte, trovare un punto di osservazione che ti dia la possibilità di riflettere con la dovuta calma, non è facile in un contesto caotico, come si rivela essere la società attuale. Voi come organizzate il vostro tempo per ricavarne almeno un po' soltanto per voi? Riuscite a ritagliarvi anche solo un minimo spazio, dove sintonizzarvi col silenzio e la natura, con i suoi verdi ricchi di sfumature, lasciando che la  sensazione di pace vi insegni la strada per l'equilibrio necessario a far respirare l'anima?

Una voce

La conoscenza non ha distinzioni di genere, né di razza o credo. Io sono soltanto una voce, che deriva da un' attività del pensare, e dell'osservare ogni cosa nella quale siamo immersi tutti quanti, indistintamente. Forse, quello che fa la differenza, è il punto di vista che è peculiare per ciascun individuo.