venerdì 6 maggio 2011

Tornare sui propri passi

In genere, quando si dice "tornare sui propri passi", nella maggior parte dei casi, si intende il significato figurato, la metafora da applicare ad una qualche decisione presa. Vorrei però provare a immaginare la scena: vedo un soggetto che ad un certo punto, mentre sta camminando, si ferma per un qualsiasi motivo, e quindi, compiendo un mezzo giro su se stesso, cambia la sua direzione in modo da proseguire il suo percorso, calpestando le impronte poco prima impresse sul sentiero. Questa è un'azione che il soggetto compie, e credo che ci sia più di un punto di vista tramite il quale poter analizzare la cosa. Credo anche che ogni singola interpretazione metaforica abbia la sua radice nel come si pensa che stia agendo il suddetto soggetto. Per esempio, il fatto di avere compiuto un mezzo giro per ritrovare le proprie orme da ripercorrere può anche non avere una connotazione negativa. Ho sentito spesso giudicare chi torna sui propri passi come un codardo, oppure come una persona che non sa difendere con orgoglio le proprie decisioni, quindi si pensa che si tratti di debolezza. In realtà credo che tutto discenda dal motivo per cui si torna sui propri passi. Credo anche che talvolta il non tornare sui propri passi sia altrettanto giudicabile. Quindi essere ostinati o essere codardi in fondo possono avere radice comune, l'uno procede senza timore, sempre avanti, rifiutando di considerare la quasi necessaria moderazione dell'opzione del tornare sui propri passi, e l'altro, se davvero agisce sempre sotto l'influenza della paura, torna spesso indietro scegliendo questa come opzione principale del suo procedere. Ma tornando al discorso della connotazione negativa o positiva della cosa, in realtà, l'azione compiuta, se analizzata per se stessa, è soltanto mettere sempre un passo dopo l'altro, comunque, poiché anche se il soggetto sta calpestando le sue orme, egli sta ancora andando avanti nel tempo. E' il tempo a fare fede sul senso del procedere, non lo spazio. Lo spazio permette di rendere ogni gesto una metafora, il tempo rimane se stesso incorrotto. Se si ha uno spazio ristretto a disposizione nel quale camminare, si otterrà il pensiero che si stia girando in tondo o che non si vada da nessuna parte, ma in entrambi i casi il tempo continua a scorrere e il soggetto, pur tuttavia, procede. Ecco perché qualsiasi percorso, anche l'apparente rimanere stagnanti in qualche luogo della mente, è pur sempre un percorso di esperienza di vita. Non si può giudicare percorso solo ciò che sembra dipanarsi linearmente, qualche volta è importante riuscire a pensare che anche stare fermi è un percorso. E' il tempo che, trascorrendo, permette al frutto di maturare, ma il frutto resta pur sempre appeso al ramo.
Un percorso fatto di impronte lasciate sul sentiero permette a chi le ripercorre di rivedere se stesso, e questo è solo uno dei punti di vista. Se si sceglie di interpretare questo tornare sui propri passi come una ricapitolazione della vita vissuta fino a quel momento, non esiste connotazione negativa, si sta imparando da se stessi guardando meglio ciò che si è compiuto. Magari così potremmo vedere cose che durante il percorso erano sfuggite all'attenzione, perché fatte senza pensare. Si attinge al pozzo interiore per migliorare il passo successivo, in qualsiasi direzione esso verrà posato.
Se, poi, riuscissimo ad osservare nei particolari la forma dell'impronta lasciata, potremmo comprendere che tipo di persone siamo, come camminiamo o quanto pesiamo. Guardando sempre avanti può non essere immediato capire questo.
C'è poi un altro significato nel tornare sui propri passi, lo si potrebbe dover fare per necessità. Pensate di aver appena superato il luogo che doveva essere la meta prefissata, e magari per inerzia o per distrazione siete andati avanti più del dovuto, la decisione più saggia, in questo caso, credo sia tornare sui propri passi per poter raggiungere il luogo scelto.
Se capitasse poi di arrivare al termine di una strada e vi fosse solo un muro altissimo e invalicabile si sarebbe costretti a tornare sui propri passi, fatta salva l'eventuale decisione di sfidare l'impossibile e andare comunque avanti, ma questa è un'altra storia.
C'è poi la decisione, di tornare sui propri passi compiuti, senza costrizioni, né necessità, ed è l'atto più difficile da compiersi perché spesso è una parte del cuore che lo suggerisce pur andando contro i propri desideri di soddisfazione personale. Riconoscere ciò che è giusto va spesso contro il proprio ego.
Eppure, in tutti questi ritornare sui propri passi, non vedo nessuno che realmente sia tornato indietro, si è comunque, bene o male, andati da qualche parte. Ogni soggetto ha sì cambiato direzione, ma il tempo, come dicevo prima, non ha mai smesso di scandire quei passi. Così, lasciatemi dire che, se riuscite a svincolare la decisione di tornare sui propri passi, da qualsiasi connotazione negativa o positiva che sia, sarete liberi di compiere qualsiasi passo. E non importa che gli altri giudichino il nostro modo di procedere, purché in noi rimanga la consapevolezza che, comunque, stiamo lo stesso andando da qualche parte. Un ultima cosa da aggiungere a tutto questo discorso, vorrei che nessuna delle mie parole fosse travisata, specialmente queste ultime, perché nessuno si senta autorizzato a sentirsi tanto libero da compiere passi che vadano contro qualsiasi legge o rispetto della vita. R.B.Between

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