lunedì 16 giugno 2014

Bisogna adattarsi piano piano

Per adattarsi oppure per abituarsi serve del tempo. Ed è necessario distinguere tra l'un concetto e l'altro. L'abitudine non sempre è positiva, è un ripetersi di azioni, pensieri e modi di fare che talvolta esulano dalla nostra volontà cosciente. Si può non accorgersi di essersi abituati a qualcosa o anche a qualcuno. Si susseguono i giorni e si agisce sempre nello stesso modo per adattarci alla vita che ci si presenta davanti. L'adattarsi è allora la pura azione, il risultato di quanto plasticamente riusciamo ad essere per prendere una data forma. Riuscite a sentire la sottile differenza tra i due concetti che apparentemente sembrano essere la stessa cosa? L'abitudine si trascina dietro una coda fatta di vuoto di volontà, della nostra volontà, riempito con il lasciar essere qualcos'altro che non è noi, che non è la nostra presenza nel qui e ora. Spesso possiamo dire di noi stessi che siamo abituati anche a cose negative e se lo siamo significa che non combattiamo, lasciando quieta la volontà di reagire. Siamo abituati alla routine quotidiana ma non ne siamo adattati perché nell'abituarsi noi non siamo pienamente noi stessi, col nostro cuore. Se scegliamo coscientemente di adattarci invece possiamo usare la risonanza con la capacità della natura che sa cosa significa adattarsi. Basta osservare. L'acqua è lì a portata di osservazione ed è uno dei migliori esempi di capacità di adattamento per la sua "plasticità". L'acqua non possiede spigoli a temperatura ambiente, la sua fluidità permette di raggiungere ogni altro spigolo esistente per adattarvisi. E' la fluidità la caratteristica oggettiva che permette l'adattamento. E tuttavia essere adatti significa essere capaci, significa avere tutte le caratteristiche necessarie per svolgere un compito, per esempio. In tutto questo non c'è abitudine, non c'è il ripetere azioni indistintamente lasciando andare il tempo. Nell'adattarsi e nell'essere adatti c'è ricerca personale e attenzione. Ma va detto sempre anche che così come vi sono cattive abitudini esistono pure casi di adattamenti sbagliati, che sul momento non lo sembrano. Ma il nocciolo della questione è la presenza in noi stessi. Passare attraverso le esperienze, riuscendo a osservarle, permette di comprendere cosa stiamo vivendo, se un'abitudine che ci allontana dall'esercitare la propria volontà o se l'adattamento in corso porta qualcosa di buono oppure no.
Ci si abitua per forza di cose ma ci si adatta perché si lavora di comprensione e il lavoro non è quasi mai immediato, né nello sforzo richiesto né nei risultati. L'acqua è inconsapevole della propria capacità di adattarsi, è vero, ma la sua essenza insegna come sia possibile provarci invece con la consapevolezza che abbiamo noi a disposizione. Quasi nessuno ci insegna più ad osservare i movimenti della natura, la sua presenza manifesta, così non appena vi accadesse di capire ciò che essa ha da suggerire, per comprendere meglio ciò che abbiamo dentro, provate a non dirle di no. E ricordate che più le cose vanno lentamente, ma costantemente incrementate di forza di consapevolezza, più sarà stabile e duraturo il cambiamento.
Ragionando sempre in positivo, adattarsi piano piano è da preferire così come lo è fare in modo che la giusta lentezza comandi l'andare, ridimensionando la fretta, specialmente se l'adattamento che stiamo vivendo è nei riguardi della luce interiore. Sapete bene tutti che qualsiasi raggio di luce intensa ferisce gli occhi se questi non sono mantenuti a fessura e se si guarda direttamente la fonte. Però, giorno dopo giorno, accettare di esporsi alla luce, dapprima poco per volta, permetterà di aprire gli occhi interiori sempre più. RBBetween

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