venerdì 8 agosto 2014

Tra il pesce pescato e l'insegnare a pescare

Fin dal giorno in cui conobbi la storia che raccontava come fosse più saggio, se non lungimirante, insegnare a pescare, invece di fornire solo il pesce già pescato a qualcuno che aveva bisogno di mangiare, sono stata convintissima sostenitrice dell'insegnare. Ho sempre vissuto, da quel momento in poi lottando per insegnare. Se sapevo qualcosa che poteva tornare utile anche ad altri ai fini della conoscenza, la prima cosa che facevo, senza pensarci su un attimo, era condividere il mio sapere. Ho sempre fatto così. Tuttavia, quando fai qualcosa in cui credi fermamente, non ti chiedi mai se ciò che fai è davvero giusto. Sai a grandi linee che lo è perché a monte hai già indagato e sai anche che sostieni la cosa giusta ma non ti passa certo per la mente che il tuo insegnare, in certe occasioni, può non essere la cosa giusta, non almeno per quel momento o per quella circostanza. Così la tua scelta del bene, dell'insegnare per condividere la tua conoscenza, per insegnare la via per trovarla, in certi momenti può essere un atto di violenza o di egoismo. Ripeto, in certi momenti, perché è qui che sta la differenza, nel riconoscere tali momenti. Nessuna delle due parti dell'azione, fornire il pesce pescato e insegnare a pescarlo allora, se comprendi e riconosci il momento adatto, è migliore dell'altra. La differenza la fa il cuore che insieme all'intelletto capisce il tempo e ciò che possiamo fornire. La morale della storia è incentrata sull'affermare che se fornisci il pesce pescato a qualcuno, in certo qual modo, lo rendi dipendente da te e lo lasci inetto per il suo futuro; se invece gli insegni a pescare lo rendi libero perché da quel giorno in poi saprà cavarsela da solo, potrà mangiare anche se tu non sarai lì a fornirgli il pesce di cui ha bisogno per vivere. Il messaggio è chiaro ma arriva un giorno, come è accaduto a me, in cui ti vedi e ti chiedi se tutte le volte che hai scelto di insegnare la tecnica per pescare a qualcuno, chicchessia, gli hai fatto un favore. Quante volte, forse, non era compito nostro né il momento adatto per usare quel tempo a disposizione fornendo mezzi e parole bensì era il tempo solo di donare il pesce pescato. Personalmente ricordo le volte in cui ho insistito per insegnare piuttosto che dare il cibo e in quel momento la mia totale convinzione di compiere del bene mi ha impedito di vedere chi avevo di fronte. E questa è una dimenticanza grave quando si trasferisce la propria consapevolezza nel cuore. Se non riusciamo a vedere chi abbiamo vicino come possiamo averne cura? Troppo bene è forse perdonabile ma ad un certo livello di consapevolezza troppo bene o troppo male si equivalgono perché sono atti che danneggiano l'altro. Il cuore questo non lo permette. Così, se qualcuno ha bisogno del vostro aiuto, guardatelo bene col cuore e chiedetegli cosa desidera. Se quel giorno la sua fame ha bisogno del pesce per placarsi non discutete, andate a pescare e donategli il cibo, capirete in seguito se chi avete vicino ha bisogno di imparare a pescare oppure no. E a quel punto se custodite in voi la sapienza del pescare potrete condividerne i segreti oppure, se non è così, potrete cercare insieme di imparare a farlo. RBBetween

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