domenica 4 marzo 2012

Darsi

Immaginiamo che l'amore sia una forza, o meglio un flusso quasi tangibile che scorre all'interno di un corpo così come avviene per la circolazione sanguigna. Per entrambi i flussi, quello del sangue e quello dell'amore, non si può negare la partecipazione del cuore. Il sangue irrora i tessuti con lo scopo di far arrivare ossigeno e nutrienti alle cellule così come accade all'interno del tronco di un albero quando la linfa vi scorre.
Se per molto tempo si rimane chiusi entro dei confini, propri o imposti, reali o immaginati, o supposti, questo flusso si interrompe e qualcosa inizia a fermarsi o a ristagnare. La conseguenza di questo stop è qualcosa che arriva fino in superficie ma rimbalza al di sotto di essa e come un'eco ritorna dentro. Come se la pelle divenisse uno schermo per gli impulsi dell'animo. Così questo qualcosa, definito o indefinibile che sia, a seconda della sua forza, se ne torna giù nel profondo, oppure svanisce, oppure si infrange ma le schegge che rimangono sotto pelle fanno male. Fa male anche quando tutto ciò che voleva uscire non ce la fa ad oltrepassare la soglia che incontra. Per combattere, in questo caso, serve la volontà di trovare il punto in cui, con un colpo solo, si possa riuscire a creare una microfrattura che poi dia origine alla corretta apertura. Un po' come essere il pulcino che da dentro l'uovo cerca il modo di uscire per nascere. Le rinascite interiori possono presentarsi anche con questa modalità e ciò accade se il flusso della forza del sentimento che si prova scorre senza incertezze. Questa piccola esplosione, come una fioritura in primavera, è la prima radice del darsi agli altri.
Le cose si complicano se con consapevolezza e volontà creiamo, non proprio dei confini, ma l'ambiente stesso entro cui dimorare. I confini sono barricate, possono essere singoli pensieri. Gli spazi completi, adibiti a proprio rifugio, invece sono formati da più di un pensiero, sono il modo di vedere che viene scelto come abile costruzione per proteggere in qualche modo se stessi, non contando il fatto che, qualche volta, questi spazi complessi dentro di noi sono il frutto di elaborazioni inconsce. Quando si abitano questi spazi non è mai facile darsi, non è facile nemmeno mostrare chi o cosa siamo davvero, perché gran parte di chi o cosa siamo è impegnata a mantenere eretti i muri che costruiscono tale abitazione. Per darsi, per condividere qualcosa di quello che abbiamo dentro di vero e sincero, serve che si sia, almeno un po', liberi da pensieri vincolanti. Non conta mostrare abilmente una facciata, darsi davvero è altra faccenda e non se ne comprende il significato finché non si lascia scorrere tutto ciò che proviamo, soprattutto ciò che si origina nel cuore. Mettere in gioco le parti di noi che riteniamo maggiormente vulnerabili è un atto di coraggio e di fiducia e il motivo per il quale non lo si fa spesso, oltre ad aver paura di soffrire, è anche voler tutelare quello che amiamo. Possiamo talvolta anche gridare al mondo intero che non ci piacciamo ma dentro, nel profondo sappiamo che non riusciamo davvero a non amarci, così elaboriamo complicatissimi sistemi di protezione come robuste tele di ragno nelle quali rischiamo di rimanere intrappolati anche noi qualche volta. E questo frena il flusso, interrompe il passo, distribuisce il tempo in tondo ed ostruisce le vie dalle quali passa la luce del cuore, principalmente verso se stessi. Ha ragione chi dice che per amare qualcuno bisogna prima saper amare se stessi.
Per imparare a darsi non serve avere fretta, basta iniziare e, ascoltando i battiti del cuore, seguire l'ispirazione.

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