venerdì 9 marzo 2012

Imparare dal vento

A ben osservare, il vento ha molte personalità a seconda della sua intensità, del suo calore, della direzione da cui proviene, come gli esseri umani, del resto. Oggi è una giornata di marzo non troppo calda, qui nella città dove abito, e il vento spazza le strade e le anime. Il cielo è azzurro e fa da sfondo a rami altissimi che hanno miriadi di gemme. Qualche fiore qua e là sugli alberi da frutto come promessa di quello che sarà, poiché la vita scorre sempre. Quello che mi ha colpito è stata la flessibilità dei rami sbattuti dal vento. Penso alla grandezza di un albero, alla sua vita che sembra scorra incredibilmente lenta, specialmente se si ha di fronte un esemplare secolare. Vedo quei rami sottili, eppure resistenti, che non possono fare altro che lasciarsi piegare dal vento che passa di lì. E non ci sono storie, l'albero non può spostarsi come faremmo noi se qualcosa che non ci piace ci stesse venendo addosso, e il vento non cambia direzione per fare un favore all'albero. Nella natura è scritta un'altra legge. Quindi l'albero si adatta con il suo essere flessibile fin quasi, se si osserva per un po', ad accarezzare il vento stesso, come se lo accompagnasse nel suo andare, nel suo passare attraverso i rami. E il vento va e basta, portando con sé tutto ciò che è, e tutto ciò che ha, perché sa che forse di lì non ripasserà mai in quelle identiche circostanze. Il vento non ha bisogno di chiedere nulla a nessuno, semmai è vero, qualche volta, il contrario, quando è al vento che gli uomini affidano i loro pensieri o i loro sogni o le loro preghiere. Il vento è affidabile e non tradisce perché mostra sempre se stesso così com'è. Il vento sostiene le ali di chi lo sa riconoscere come un alleato e, sfiorando il cielo e le nuvole, quando ci sono, insegna a non avere paura delle cose intangibili o di quelle che sono effimere, come lo sono le nubi. Il vento va e nessuno mai sa se davvero si estingue da qualche parte e poi rinasce o se esiste un unico mitico vento, magico come il sogno di un bambino, che si gonfia e si placa percorrendo tutto il mondo conosciuto. Il vento fa respirare perché sollecita questo su e giù dei polmoni che seguono il ritmo dello strato sottile di anima che li colora. E questo sottile strato di anima che colora i polmoni sa parlare con il vento. L'umile spazzino silenzioso e impeccabile di tutti i rifiuti fumosi delle macchine umane compie il suo lavoro e se ne va, lasciando il suo dono prezioso di ossigeno e azoto, l'aria rinfrescata e pulita, che gli uomini non sanno apprezzare abbastanza da mantenere. La forza del vento può toccare limiti non umani quando vortici plumbei e violenti spazzano luoghi nel mondo abitati e non. E l'anima si ritrae, sentendo questo urlo, e cerca un rifugio per evitare di essere travolta ma, come accade qualche volta nella vita, non sempre è possibile ripararsi, così vortici di vento ci investono e ci spaventano con la loro voce disumana. Poi il vento si placa di nuovo e, che sia memore o immemore di ciò che ha fatto, non è realmente importante perché ciò che conta è come siamo stati noi in sua presenza. Per imparare davvero non serve guardare ciò che ci viene addosso, o ci sfiora soltanto, attribuendogli colpe o meriti, serve poter vedere ciò che siamo noi o ciò che diventiamo in quel momento. Il vento passa e ci sconvolge o ci travolge, ci sconquassa, ci arruffa, ci spinge da qualche parte, ci carezza soltanto ma è ascoltando l'eco che il vento provoca in noi che impariamo a conoscere come siamo fatti, tramite le reazioni. Qualche volta la giacca a vento è utile e qualche volta no, sta a noi capire qual'è il momento adatto per indossarla.

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