martedì 31 gennaio 2012

Ciò che ci appartiene veramente

Ogni tanto capita di riflettere su quello che abbiamo intorno per inquadrarlo dal punto di vista dell'appartenenza. Questo è mio, questo non lo è. L'accento viene immediatamente posto su quello che sappiamo essere di nostra proprietà. Anche da bambini, giocando, ricordo che l'attenzione andava alla cosa che avevamo. A me sembrava meraviglioso avere un dato giocattolo, o la tale bambola, semplicemente perché la cosa importante era che mi apparteneva. In quel "è mio" c'era tutto un mondo di sensazioni senza parole, acerbamente lì, ma fondamentali. Da adulta ho avuto cose di vario genere in proprietà esclusiva, ossia solo mie, ma erano piccole cose, oggetti, e tanti ne ho ancora, forse anche troppi. Quello che il percorso di vita non mi ha dato sono le cose più grandi, che ho avuto, e ho, praticamente solo in gestione. Spesso ci penso, specialmente quando sono giù di morale  e vedo che il tempo passa senza che sia riuscita a creare nulla di significativo, di concreto. Non ho una casa che sia solo mia, che rispecchi il mio essere e il mio gusto, il mio modo di vedere il mondo, ho però l'uso della casa dove ho sempre abitato e che divido con mia madre. Non ho altro luogo dove andare. La gestisco insieme a lei e sono fortunata ad avere questo anche se non mi appartiene. Non ho figli ma sono a contatto con dei bambini. Se serve sono presente e mi rapporto a loro anche se non sono miei figli. Non ho una macchina che mi permetta di viaggiare o di spostarmi dove e quando voglio, ho solo l'abbonamento alle linee pubbliche e sono abituata a gestire il mio tempo in base alla disponibilità di tali mezzi. Sono abituata da sempre a fare a meno di tutto se serve che sia così anche se ogni desiderio umano mi resta. Per lavoro, quando c'è, gestisco ciò che non mi appartiene. Oggi, come è accaduto altre volte, mi sono messa a riflettere sull'argomento e invece di vedere le cose con un vago dispiacere sono riuscita a vederle in una luce diversa. Ho visto che cosa conta veramente, ho visto il denominatore comune a tutte queste cose che appartengono e a quelle che sono solo in gestione. Il denominatore comune sono io. Io che sono ugualmente presente e in contatto con loro. Una casa ben tenuta che cos'ha di diverso se il proprietario sono io oppure è qualcun altro? Ciò che è stato fatto per la gestione della casa è ciò che mi ha insegnato a gestirla e io porto con me l'insegnamento ovunque vada. Un bimbo da nutrire è solo un bimbo da nutrire e che sia mio o di qualcun altro non cambia il bisogno del bambino. Ciò che imparo gestendo la situazione è ciò che ancora una volta posso portare con me. Quindi, tutto sommato, quello che mi appartiene veramente è come mi approccio alle cose, non è la proprietà delle cose alle quali mi avvicino. Quello che fa di me ciò che sono è come mi comporto non ciò che ho, a dispetto del pensiero di molti. Tuttavia anche se questo è un pensiero positivo la strada verso l'accettazione completa del non avere qualcosa solo mio è ancora lunga, con tale pensiero vivo meglio i momenti in cui mi capita di constatare la realtà dei fatti. Quando per lungo tempo si vive avendo tutto a disposizione ma solo in gestione si sviluppa un pensiero che nasce con l'intento di autoconfortare. Questo conforto che deriva dalla constatazione materiale dell'avere qualcosa di tangibile così come lo si desidera è molto umano ed è purtroppo spesso legato al desiderio di calore giacché talvolta il non avere grandi cose fa sentire una strana solitudine. Stupida solitudine, irreale, perché in realtà si sa bene che sono le piccole cose a nutrire il calore. A volte sapere bene, vedere con chiarezza, fa stare peggio, proprio per la sensazione di dispetto che si prova interiormente. Si è consapevoli di avere molto più di quello che si pensa e si dimentica chi ha molto meno davvero e non può stare neanche ad elencare ciò che non ha. Questa lotta umana tra una riflessione e l'altra su ciò che conta veramente anche dopo lunghi giri, tuttavia, mi riporta al sapore della verità. La verità è che tutti questi anni in cui ho gestito le cose, cercando di limitare il mio gusto personale per non invadere troppo quello che già c'era o quando non faceva parte del mio compito decidere, mi hanno lasciato la consapevolezza, piuttosto chiaramente, mio malgrado, di ciò che conta veramente.

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