giovedì 27 ottobre 2011

Forme di decisione

Ho provato ad analizzare ulteriormente l'argomento facendomi uno schema. Non è una classifica definitiva, è solo un modo per esplorare il solito argomento da un altro punto di vista. E, come sempre, si tratta solo del mio parere. Credo che si possa partire suddividendo i tipi di decisione in due categorie principali che dipendono dall'essenza del movimento che generano: le decisioni statiche e quelle dinamiche. Le decisioni statiche comprendono le prese di posizione che portano ad impuntarsi su qualcosa per non smuoversi da lì, mentre le altre si suddividono in decisioni per andare avanti e in decisioni per tornare sui propri passi, una sorta, queste ultime, di decisioni che cancellano quelle precedentemente prese. Questo come panoramica generale. Il denominatore comune ad ogni decisione è sempre la volontà personale diretta al proprio scopo. Se poi si volesse indagare ancora direi che mi vengono in mente, figurandomeli, tre modi di decidere, uno lo definirei come la forma del tuffo, un altro come il cammino, un altro ancora come lo sfondamento, per quanto riguarda le forme dinamiche. Se vi siete tuffati, qualche volta nel corso della vostra vita, ricorderete che prima eravate in un luogo e poi, un attimo dopo esservi tuffati, vi trovavate in un altro completamente diverso. Prima aria e poi acqua e, se ci pensate bene, potete notare due cose fondamentali: la prima e più immediata è la differenza del mezzo nel quale siete immersi, completamente circondati da esso, la seconda è che nonostante ci si questa differenza, ciò che non cambia è l'essere completamente circondati da qualcosa. Metaforicamente parlando, essere immersi in qualcosa è paragonabile al modo in cui viviamo, poiché siamo immersi nel  corpo e nella vita che in esso scorre e siamo dentro ai nostri pensieri, ai vari ragionamenti che facciamo costantemente, così una forma di decisione, che prevede di tuffarsi in qualcosa, mi suggerisce l'immagine di qualcuno che porta tutto se stesso laddove ha deciso di andare e lo fa accettando di non lasciare neppure un capello dall'altra parte. Una sorta di piena accettazione dell'atto decisionale, come può capitare quando si vuol cambiare modo di vivere. Tenendo ancora presente la metafora dell'acqua come mezzo di destinazione direi che essa rispecchia un po' l'idea della componente di ignoto che ci si trova comunque ad affrontare. Che si tratti di acqua di mare o di una piscina, quando ci siamo dentro, ci troviamo senza poter toccare un punto fermo con i piedi, almeno all'inizio. La prima reazione dopo il tuffo è quella di lasciare che il corpo torni in superficie per poi eventualmente nuotare. E in quel momento non si sa quale sia la direzione da prendere poiché ogni centimetro della nostra pelle è lambito dall'acqua. Ne siamo immersi ma non la conosciamo bene come conoscevamo bene l'aria alla quale eravamo abituati fino all'istante prima di tuffarci. Credo che i tipi di decisione dove si accetta tutto, anche mettere in conto le incognite richieda molto coraggio, esattamente quello di un tuffatore.
La forma decisionale del cammino è abbastanza intuitiva, appartiene a coloro che nonostante tutto preferiscono non cambiare totalmente ciò che hanno per non perdersi, per poter mantenere d'occhio l'orizzonte e per poter sperimentare due diverse opzioni che si accompagnano a questo tipo di decisione. Coloro che camminano scegliendo di guardare solo avanti e mai più indietro e coloro che viaggiano avanti ma ogni tanto si voltano per dare uno sguardo al passato. Camminare è per chi ama avere sempre il controllo del proprio passo, per chi è radicato in qualcosa e per chi ritiene che il pensiero di dover recidere certi legami sia distruttivo in un modo, al momento, inconcepibile.
La forma decisionale che prevede varcare un ostacolo senza aggirarlo né saltarlo è una delle più difficili da vivere, forse non per la consapevolezza da sviluppare per affrontarla ma per lo sforzo richiesto per non cedere mentre si va avanti. Spesso il mezzo da "sfondare" è nei casi peggiori colloso o elastico e resistente ai vari tentativi, così come potrebbe essere un vizio dannoso. Questo tipo di decisioni sono quasi sempre la volontà di cambiare noi stessi una volta scovato quello che riteniamo un difetto che non ci permette di vivere serenamente. Combattere contro se stessi richiede sempre una dose immensa di forza di volontà e la decisione, in questo caso, deve essere supportata da un valido motivo che permetta di riuscire nell'impresa. E quando si riesce ad andare oltre il proprio ostacolo, perché la resistenza del mezzo con il quale ci siamo misurati ha perso la partita contro la nostra forza di volontà, ciò che si prova è la carezza della serenità come promessa di speranza per il nuovo presente che abbiamo determinato con la decisione di sfondare la barriera che avevamo davanti.

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