domenica 2 ottobre 2011

Trasformare i punti deboli in punti di forza

Prima di trasformare qualsiasi cosa è necessario comprenderla. Nel caso di un punto debole credo di non sbagliare aggiungendo un passo in più, ossia tutto l'eventuale lavoro da compiere su se stessi per accettare di riconoscere tale punto in base alla definizione che gli si vuole dare. Chi è orgoglioso tende a sorvolare per non perdere la faccia perché se si mostrasse con le sue debolezze il mondo potrebbe schiacciarlo senza pietà. E questo significa comunque che bene o male si conoscono i propri punti deboli, a maggior ragione se si tende a comportarci in modo da mascherarli. Si può anche scegliere di mascherarsi tanto bene da apparire agli altri come rocce impenetrabili, senza fenditure, o con la forza di un gigante leggendario, o come qualcuno a cui nulla sfugge mai, o senza pecche, ma chi non inganniamo mai siamo noi stessi. Nel mondo animale vince di solito il più forte e l'uomo che è di natura animale tende a credere che sia sempre meglio optare per la scelta della maschera, anche se certe maschere richiedono più energia di quanto si pensi per rimanere al loro posto senza sgretolarsi ad ogni occasione. Il punto debole può concedere all'essere umano due strade da imboccare. E quale di queste strade si scelgono dipende da come siamo. Una delle due strade l'ho già accennata, è la strada dell'orgoglioso che forgia la sua maschera, l'altra appartiene a colui che va contro corrente e mostra la sua debolezza forgiando così la sua struttura interiore. L'orgoglioso crede che la maschera sia il suo scudo migliore, nella copertura esterna vede la sua ossatura di protezione, mentre chi si mostra per come è, comprese le debolezze, combatte in tal modo qualsiasi costruzione di maschera e il suo scheletro dentro si rafforza per sorreggerlo al meglio. Potrei dire che l'uno è morbido internamente e duro esternamente mentre per l'altro è vero il contrario, l'ossatura robusta permette di supportare una massa morbida e dona maggiore mobilità. Il primo rispetto al secondo ha meno flessibilità e maggiori confini ma tutto, come sempre, dipende da come siamo e, prima ancora, da come scegliamo di essere dopo aver osservato noi stessi. Un punto debole, nella società così come viene vista e vissuta oggi, è come il centro di un bersaglio che invita a centrarlo con una freccia affilata. Chi si sente dunque di scegliere tale destino? Eppure alla lunga vince la scelta di mostrare il punto debole se si ha l'anima del guerriero valoroso, se si ha nell'animo la voglia di combattere la paura sopra ogni altra cosa. Questo tipo di sincerità con se stessi e con il resto del mondo è l'interruttore che permette di trasformare il punto debole in punto di forza. Il grosso del lavoro che si compie in questo caso non è la trasformazione in sé, poiché essa è automatica una volta che si accetta la soluzione del gettare la maschera, è tutto ciò che si vive e si cerca di comprendere per arrivare ad accettare ciò che troviamo in noi. Giocare a nascondino con le cose che ci troviamo dentro consuma energia preziosa come se si corresse in tondo senza arrivare mai da alcuna parte, un giorno, poi, ciò che siamo riusciti a nascondere alla nostra volontà o attenzione, ritorna e ce lo troviamo davanti con lo sguardo di sfida. Come scappare, non lo si può fare in eterno, e scappare è un comando dettato dalla paura di affrontare o accettare qualcosa, qualsiasi sia il motivo alla base che scatena ciò, e questo è un punto debole per un essere umano che ama la vita e la sua forza. Ma accettare questo modo di comportarsi è un primo passo verso una modificazione interiore, quella che porta spesso a rendersi conto quanto sia faticoso correre via e lasciare lì tutte le cose coinvolte, tra le quali se ne potrebbe trovare qualcuna preziosa. Il mio modo di dissimulare la paura di affrontare certe questioni qualche volta si veste della modalità tergiversare, prendere tempo per avere l'illusione di avere a disposizione tutto il tempo che desidero per arrivare da sola alla decisione da prendere, per sentirmi capace di dominare l'evento. E qualche volta invece, assurdamente mi muovo così velocemente per lo stesso intrinseco motivo, per sentirmi capace di decidere in piena libertà. Lo riconosco come punto debole ma mentre lo metto in piazza mi sento meno oppressa dalla sua presenza e mi sembra di poterlo ridurre di dimensione così da farlo stare dentro il palmo della mano per poterlo finalmente guardare e dirgli che non è poi così grande come credevo fosse. Come comprendere di aver scambiato l'ombra di una farfalla vicino alla fonte luminosa lontana per l'ombra di un rapace vicino. Si tratta di ridimensionare ciò che si pensa sulla base di quel che si crede, dopo aver affrontato e finalmente aver visto qualcosa che non ci siamo mai curati di osservare fino in fondo. Occuparsi dei propri punti deboli non richiede doti particolari, servono soltanto un po' di volontà e un pizzico di ribellione nei confronti dell'atteggiamento ripetitivo di cecità che mostriamo nei confronti di quel che vediamo dentro di noi, se lo vediamo. Se non lo vediamo tutti questi discorsi sono sterili battute sulla tastiera. Se davvero non vediamo certe cose di noi stessi questo non è una cosa necessariamente negativa, lo diventa solo nel momento in cui intravediamo qualcosa e scegliamo di ignorarla. Le mie parole nascono dalla constatazione e dall'applicazione, dalla sperimentazione su me stessa della teoria sviluppata con tali ragionamenti e percezioni. Qualche volta funziona e qualche volta no, e qualche volta non lo si capisce neppure con chiarezza se funziona, ma non mi riesce mai di credere che sia meglio nascondersi, specialmente a se stessi. Provando a nascondermi, e non so se sono stata sfortunata in questo gioco, mi sono sempre scoperta e la specie di sguardo colpevole della me che sperava di farla franca mi ha fatto vedere quanto sia stupido e controproducente fare questo gioco e non credo che cambi qualcosa se il gioco lo si trasportasse nella realtà quotidiana, in mezzo agli altri. Ingannare in qualsiasi modo se stessi o gli altri comporta gravi perdite, non ultima quella che deriva dal tradimento della fiducia altrui. Non che con questo si possa ricondurre tutto alla presenza o meno di punti deboli, però si può usare questo come un qualsiasi altro punto di partenza per provare a vedere le cose con un'ottica differente. Se non abbiamo una corazza troppo dura e inflessibile possiamo spostarci nei pensieri per trovare soluzioni che altrimenti mai considereremmo. E i punti di forza non sono altro che i luoghi dell'essere dove abbiamo piazzato la consapevolezza di ciò che siamo fino a quel momento con l'ulteriore consapevolezza che possiamo trasformarci verso la luminosità che intuiamo esserci tra una frasca e l'altra come una piantina nata nel sottobosco. Perché di crescere non smettiamo mai anche se spesso tentiamo di frenarci in tanti modi. Trasformare i punti deboli in punti di forza è dunque un aspetto del crescere, dello scorrere, per non rimanere incastrati nel nodo che noi stessi possiamo creare sentendoci impotenti nei confronti di una debolezza che può, invece, con amore, attenzione, fantasia, pazienza, creatività, trasformarsi, per comunicare questo cambiamento anche a noi, a tutto il nostro essere.

Nessun commento:

Posta un commento