domenica 9 ottobre 2011

Gemme di pece, gemme di pace

Se fossimo un albero centenario sapremmo stare dritti durante le tempeste perché il tronco sarebbe robusto e la memoria sosterrebbe il presente con la conoscenza. Però non potremmo spostarci se un fulmine arrivasse a colpirci. Un essere umano cerca riparo durante la tempesta, corre e si sposta fino a trovare rifugio lontano dal luogo dove i fulmini cadono. Il primo è ancorato alla terra e ne trae nutrimento con le sue radici che non dimentica mai, l'altro percorre la terra in ogni direzione, non è ancorato a nulla eppure si attacca a tutto per poter vivere, o meglio per non morire, poiché spesso dimentica le sue radici, i suoi contatti con la terra e con il cuore. E la tempesta quando si presenta non fa distinzioni tra l'uomo e l'albero. Intensità e violenza che strapazzano ciò che incontrano, l'una realtà di acqua dal cielo, l'altra metafora che si colora di significati differenti per ciascun essere umano. E come l'albero anche l'uomo mette gemme nel suo tempo di transizione, quando cambia qualcosa nel suo mondo. Se per l'albero il tempo decretato per le gemme è la primavera nei climi temperati, per l'uomo il clima viene determinato dalle circostanze e da ciò possono derivare o meno delle gemme. Se l'albero emette gemme comunque ad un certo punto dell'anno, l'uomo, escludendo la metafora di un figlio, può dare, se le produce, sostanzialmente due categorie di gemme. In questo caso le gemme sono la reazione che viviamo quando si scatena la tempesta. Parlo della tempesta perché gli avvenimenti positivi nel corso della vita umana, sintetizzando molto, portano sempre il proseguire con serenità il percorso preesistente o una svolta in meglio. Questo dominio luminoso non prevede praticamente mai reazioni negative. Sono le tempeste, in genere, gli eventi che mettono alla prova la reazione umana e determinano il tipo di gemma che ne nascerà in seguito. Così possono esistere gemme di pece, oscure, globose, appiccicose, piene di dolore stagnante, che daranno rami arrabbiati, violenti, instabili, che si seccano facilmente. E infinite sfumature a seconda del carattere di ciascuno, della forza e della volontà di reagire, eventualmente, alla consapevolezza del malessere provato. Poi ci sono le gemme di pace, che nascono da tronchi ugualmente martoriati dalle tempeste ma non hanno sangue rappreso, gelato nella ferita ricevuta. Riescono così a nascere gemme di pace che daranno rami verdi e flessibili, ricchi di linfa vitale dai quali si può star certi nasceranno fiori ed altre gemme. E anche qui infinite sfumature dovute a ciò che siamo. Un botanico attento, se osservasse il punto nel quale nascono le varie gemme, sia dell'uno che dell'altro tipo, vedrebbe molte cose. Vedrebbe che all'origine delle gemme di pece ci sono lacrime di animi molto sensibili che però non sanno rendersi conto di quel che accade per poterlo affrontare nel migliore dei modi. Vedrebbe la loro impotenza apparente poiché credono di non farcela e vedrebbe i casi in cui questa impotenza è reale ed è questa che li rende più deboli rispetto agli altri. Animi folli o creduti tali per eccesso di estrosità che si sbilanciano con le loro esibizioni fuori dagli schemi e in questo essere oltre, quando arriva la tempesta, possono trovarsi tanto scoperti da non trovare più l'indirizzo del loro rifugio di salvezza. Questa è solo un'ipotesi, un mio pensiero, anche se credo che non basterebbe tutta la superficie del mondo da usare come carta dove scrivere dei singoli diversi casi esistenti, di tutti quei perché alla base di ogni reazione umana e dello scaturire delle gemme. E non è assolutamente detto che una gemma che nasce di pece non possa poi generare un giorno una gemma di pace. Così come può essere vero il contrario. Fa parte della vita, del suo ciclo e delle sue leggi di equilibrio, ammetterlo. Una gemma di pace, infine, è una sorta di vittoria sulla tempesta perché in essa c'è la sintesi di ciò che siamo riusciti a fare di buono nonostante tutto. Una gemma di pace racconta la storia di chi ha tenuto duro, di chi ha ripescato nel cuore brandelli di nutrimento che stava scarseggiando a causa della tempesta stessa. Una gemma di pace è la promessa di continuare a credere che sia possibile anche quello che momentaneamente sembra impossibile o, quanto meno, è la fiducia nel passo futuro sapendo di dover curare al meglio il presente. E non è detto che siano tutti Uomini forti quelli che superano il tempo della tempesta, sono solo coloro che si guardano dentro e capiscono, forse prima di altri, o forse perché hanno in quel momento più energia a disposizione per farlo, che indugiare in se stessi corrompe la forza e lascia troppo campo libero all'egoismo che, in questa specifica circostanza, porta a piangersi addosso con maggiore facilità. E qui la pace non cresce. La pace ha bisogno di coraggio, non di bravate spavalde, giusto per sottolineare che il coraggio vero è accettare il pensiero della responsabilità di se stessi e del camminare nelle intemperie ricordando che quello che ci anima e ci scalda è dato dal legame di comunicazione tra le varie parti di noi, la nostra unità.

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