domenica 4 novembre 2012

Il vincitore è solo

La vittoria è una strana sensazione. Sensazione poiché viene percepita come uno stato d'animo dentro di noi, al di là di qualsiasi premio materiale che eventualmente potrebbe esserci. E non sempre una vittoria deriva da una gara. Talvolta la vittoria è la forma che prende la giustizia, talaltra è una semplice rivalsa. Ho scavato nella memoria alla ricerca del sapore delle sensazioni che io stessa ho provato in questa particolare circostanza e ne ho ricavato una risposta. Un pensiero che è una risposta ad una domanda che non avevo fatto. Eppure ho sentito che racchiudeva in sé una verità. Lì, in quello spazio occupato dalla consapevolezza di essere un vincitore, c'è il vuoto tutto intorno. Anche solo per un istante, prima che la folla ti acclami, intorno non c'è nessuno. E' lì che si trova la solitudine del vincitore. Il gradino più in alto del podio è lassù mentre gli altri sono più in basso. Si dice che questo serva ad evidenziare visivamente la vittoria. Una rappresentazione eloquente. Che questa nota assuma sfumature positive o negative dipende da come si ragiona. Pensare a questa paradossale solitudine mi infonde tristezza tirandomi immediatamente giù dal podio, reale o figurato che sia. In un certo modo mi permette di tornare con i piedi per terra nella più ampia consapevolezza del tutto e dell'intorno, che altrimenti dimenticherei facilmente, adagiandomi nel posto sulla cima. E non credo sia tanto difficile rendersi conto che stando in alto si possa perdere qualcosa. Da lassù si ammira il cielo da vicino, per quanto illusoriamente sia possibile, ma si smette di vedere la base che ci sostiene. L'immenso, o anche solo la grandezza di qualcosa distrae, forse perché in fondo siamo tutti ancora dei bambini che si meravigliano e rimangono a fissare lassù le nuvole o le stelle. Ma chi lascia che il proprio sguardo indugi nella grandezza, pensando che le piccole cose o le radici non servano più, si troverà prima o poi nelle vesti del vincitore solo. E' la semplice constatazione di chi osserva. Eppure un vincitore potrebbe non sentirsi mai solo, anzi. Quando si è totalmente nel centro di se stessi non si percepisce altro che una pienezza, mai un vuoto, né dentro né intorno. In quella che chiamo umanità, quella specie di indefinibile bagaglio di cuore e attenzione rivolta all'impegno per vivere in armonia con gli altri dando il meglio di sé, una vittoria non ha importanza. Quel picco di solitudine non vale la fatica che si è durata per ottenere il podio. Solo la giustizia che si manifesta al di là del nostro sforzo per ottenerla è una vittoria che si trasforma e non ci lascia solitudine intorno. Diventa gratitudine, diventa cuore o atto di rispetto. La vittoria che porta ancora questo nome si affila sull'orgoglio e il vincitore sarà ancora una volta solo, per breve o lungo tempo. La vittoria è solo un attimo fugace, e se permane è perché il vincitore alimenta la sua solitudine concentrando lo sguardo sull'altezza del suo podio. Il vincitore può sempre scegliere la sua strada, non perché ha vinto qualcosa o ha vinto su qualcuno, ma solo perché torna a camminare sulla terra trasformando la sua vittoria, dandole un nuovo nome perché anch'essa inizi a camminare con lui. Scegliere la direzione dipende da come e da quanto ci si rende conto di ciò che si prova nei confronti della vittoria. O della sconfitta.

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