domenica 22 aprile 2012

Come sarebbe stato...

C'è un punto dentro di noi dove credo esista una specie di ritrovo tra sentimenti. Non un punto qualsiasi né un ritrovo qualsiasi ma un luogo dove la consapevolezza di tutto ciò che fa parte del presente sta faccia a faccia con ciò che avrebbe potuto essere se le cose fossero andate in un altro modo. Me lo immagino come uno specchio magico dal quale si possa vedere oltre la superficie paradossalmente riflettente e trasparente. Una sorta di follia, un'aberrazione della mente, innescata da un ricordo che nasce nel cuore e lo strappa perché il ricordo si lega ad un affetto mancante. Questo pensiero mi è nato il giorno in cui ho deciso di prendere con me una "diavoleria moderna ipertecnologica", così come avrebbero detto i miei nonni vedendomi con un cellulare "che fa tutto tranne il caffè". Pensando alla potenzialità stupefacente di poter fare delle fotografie di ottima qualità ho attirato i ricordi di quella che era la passione di mio padre. Sono già volati in un soffio dodici anni dal giorno in cui mi ha lasciata con tutte le sue fotografie, la storia della famiglia in immagini. Mi sono trovata a pensare a come gli sarebbe piaciuto poter vedere questo aggeggio elettronico anche se lui era abituato a quelli meccanici. Me lo sono immaginato sorridente ed ho scattato una foto con la mente, a questo vecchietto con i capelli bianchi ma sempre vispo come un bambino; sarebbe stato così se non fosse andata come è andata. Eccoci di fronte allo specchio magico paradossale, mi vedo riflessa in trasparenza, sospesa tra il presente e tutto quello che avrebbe potuto essere. Lo scontro c'è ma non lo si vede riflesso perché sta dentro al cuore, mentre si crea un vuoto che attira altri pensieri che hanno radici in comune. Praticamente impossibile non pensare a tutti coloro che hanno perso qualcuno che amavano (e amano tutt'ora, poiché non si smette di amare, perché ancora e sempre si accarezza con il cuore il ricordo di chi ha smesso di camminare sulla terra) mentre si annaspa un po' nella corrente forte che si forma. Perché, anche se cerchiamo di convincerci che il presente è la cosa alla quale si deve rispetto e che ci permette di non soccombere nei momenti di sconforto, la costruzione di come sarebbe stato inizia da sola. Se si riesce a non piangere troppo, se si è abbastanza forti, dunque, da mantenersi eretti pur con gli occhi lucidi, si può viaggiare in un tempo astratto dove siamo noi a colorare gli eventi e a dar loro forma e contenuto. E qui, loro ci sono, ci sono tutti coloro che amiamo e i loro volti ci guardano, anche se non avremo mai la certezza assoluta che questo sguardo verso di noi sia solo il frutto del desiderio intenso che proviamo o se dentro questo, indistinguibilmente legato, si trovi anche qualcosa in più. Che sia una altrettanto paradossale impercettibile percezione di un battito dei loro cuori trasferito nell'etere e nel cielo? Non lo so ma preferisco lasciare uno spiraglio aperto a questa stramba possibilità assai poco terrena. Non mi costa nulla accogliere, quanto piuttosto mi costerebbe il negare senza appello solo perché voglio credere esclusivamente ai miei occhi fisici. Solo un pensiero... Così il "come sarebbe stato" si trasforma in una piccola oasi dove, se si riesce a vietare l'ingresso alla malinconia, si ha un tempo in più per far respirare il cuore che talvolta non si dà pace, perché conoscere bene il presente non concede spesso ciò di cui avremmo maggiormente bisogno quando inciampiamo su certi pensieri. E questo vale sempre quando ci si trova nella situazione di far incontrare la consapevolezza del qui e adesso con l'ipotesi di una strada diversa che però non è stata imboccata.

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