venerdì 29 luglio 2011

Dare e ricevere. Riveduto con aggiunta

Sia il dare che il ricevere dipendono dalla predisposizione personale verso gli altri e verso se stessi. Se è maggiore verso gli altri si tenderà a dare piuttosto che a ricevere, nel senso che spontaneamente verrà più facile prodigarsi nei confronti di altri, e il grado di gentilezza che abbiamo sviluppato ci permetterà di fare tutto ciò con serenità. Dare è una forma di espressione, specialmente quando si fanno doni per dire all'altra persona che dentro proviamo qualcosa che vuole farla stare bene. E' affetto, è amore, a seconda di quali sono i sentimenti che ci legano all'altra persona. Si può ben essere generosi e dare anche a sconosciuti in virtù di questa predisposizione al dare. E ci si può nascere o la si può sviluppare nel corso della vita. Divenire capaci di dare, e non mi riferisco soltanto a cose materiali ma anche all'affetto o all'amore, lungo il corso della vita significa aver vissuto esperienze, anche importanti, che hanno portato a quel tipo di comprensione interiore che riesce ad allargare le maglie del cuore, per far fluire parte di noi in consapevolezza, senza sentirsi più addosso la paura di perdersi mentre si ama. Personalmente ho sempre dato perché principalmente mi veniva spontaneo farlo e poi perché non riuscivo a trovare altro modo materiale per dimostrare il mio affetto. Sono riuscita anche ad esagerare e l'eccesso era direttamente proporzionale a ciò che provavo, ma non me ne rendevo conto. Ecco perché è importante, se si dà, imparare anche a ricevere. E' l'equilibrio tra questi due poli che permette di comprendere il valore di entrambi. Se si sta in assetto di sola ricezione possiamo essere egoisti e ingordi, e pensare solo a noi stessi impedisce molto spesso il dare per compensare questo equilibrio tra le parti. Ciascuno di noi, immersi come siamo nelle sfumature, può vivere sia l'uno che l'altro estremo, o gamme di vie intermedie, che piano piano portano a rendersi conto che la vita, vissuta comprendendo in essa dare e ricevere, ha un significato in più. Mi è sempre piaciuto il concetto del baratto perché insegna a valutare, a soppesare, a quantizzare ciò che si ha a disposizione per dare e a valutare altrettanto bene ciò che si riceve, per non essere "fregati", se mi passate il termine. In ambito di un onesto rapporto di lavoro, se vigesse il baratto, meglio comprenderemmo ciò che si riceve e ciò che si dà. Se ci prendiamo un po' di tempo e guardiamo, cercando di essere obiettivi, semplicemente onesti con se stessi, quello che diamo o che possiamo dare, dobbiamo anche, a noi stessi, l'essere capaci di accettare in cambio qualcosa. Se mi metto in gioco in questo modo però devo anche saper accettare che l'altro mi dia in cambio ciò che può darmi. Se c'è onestà va bene anche che non si concluda in pari l'affare, ma se la persona per la quale ho lavorato, per esempio, potesse corrispondermi pari valore del mio operato, ma non lo facesse per un qualsiasi motivo, non andrebbe altrettanto bene. E questo è tanto peggio se avviene tra amici. I debiti dovrebbero essere saldati il prima possibile senza appellarsi a dei pagherò in nome della conoscenza. Solo in casi eccezionali si dovrebbe contemplare questa soluzione, dilazionando il pagamento. Ho amici speciali che mi hanno insegnato a vedere questo, sebbene sia ovvio, in un'ottica di equilibrio di rapporti, comportarsi così, e tutto questo sono solo buon senso e onestà. Rettitudine direi. Anche se certe situazioni non sono facili da vivere né da cambiare per diventare equi con se stessi. Ma una volta che ci si accorge che questo equilibrio non c'è e si continua a dare o a ricevere troppo, senza rilanciare in senso contrario, si diventa sfruttati o sfruttatori, vittime o carnefici, prede o predatori. Ma servono soltanto tre passi in direzione della luce, accorgersi da soli o ascoltando qualcuno vicino che lo nota, iniziare a osservare se stessi mentre ci si comporta come si è sempre fatto e decidere se ci piace ancora la situazione oppure no. Da questa consapevolezza, e da questa scelta, dipende il passo verso il cambiamento per recuperare se stessi. Passo dopo passo, senza fretta, avendo cura di ogni cosa incanalando in modo differente la propria generosità.

Ho ripreso in mano questo post per chiedere scusa per alcuni errori grossolani di grammatica -che ho corretto- e per aggiungere delle cose.

Ho riflettuto su quello che ho scritto e ho trovato un'altra sfumatura importante, la differenza di concetto che si lega alla parola ricevere e quello che si lega alla parola prendere. Entrambi mi suggeriscono lo "stare", finché qualcosa arriva vicino a noi, e qui abbiamo a disposizione due azioni. L'una è il ricevere ossia tendere le proprie mani e accettare gentilmente ciò che ci viene dato, mentre l'altro è il prendere ossia, non soltanto tendere le mani verso ciò che ci viene dato, ma anche avvicinarsi ad esso attivamente. Quest'ultima azione ha una sfumatura di volontà in più. E in questa sfumatura di azione volontaria c'è molto per comprendere come siamo fatti. A sua volta il ricevere ha due connotazioni di atteggiamento in sé, l'uno è ricevere passivamente senza nemmeno porsi il problema di accettare e si avvicina molto al subire. Subire significa sopportare controvoglia qualcosa o qualcuno, magari perché si è costretti dalle circostanze o perché si preferisce non agire, forse per quieto vivere, non so. L'altra connotazione del ricevere ha in sé, come dicevo prima, la predisposizione d'animo di accettare quindi è legata al fatto che ci fa piacere, come quando si ricevono doni. 
Prendere è un'azione naturale che ogni bambino sperimenta praticamente da subito, appena può coordinare al meglio i movimenti delle manine. E' l'essenza dell'andare incontro alle cose e se rimane scevra di eccessi di egoismo permette di regolarsi mentre si sperimenta il dare/ricevere. Prendere non è accaparrarsi le cose a meno che non si sia ingordi e si abbia fretta, prendere comprende parte del rispetto che dobbiamo imparare verso noi stessi nell'ambito dell'equilibrio del vivere in mezzo agli altri. Essere corretti e onesti facilita le cose e fa andare a letto sereni la sera. Imparare a valutarsi o a valutare il proprio operato consente di applicare il giusto dosaggio nel prendere, o così dovrebbe essere, a meno che questo pensiero non sia giudicato troppo utopistico. Io però ci credo ancora. Credo sempre che sia possibile almeno provare a imboccare la strada dell'essere onesti. 
Un ultimo pensiero va alla difficoltà di imparare a ricevere nella stessa misura con la quale si dà. Per me non è stato facile, perché mi sembrava di non poter dare altrettanto in cambio finché non ho imparato a vedere ciò che davo io stessa. E qualche volta il cerchio si chiudeva non nella generosità ma nell'invadenza. E se accade questo, mentre si dà, vuol dire che si pensa solo al piacere che si ottiene dando. Basta dunque poco per trasformare un gesto positivo in uno che non lo è. Non parlo del dare perché si sa che poi si riceverà in cambio qualcosa, qui c'è il tornaconto, parlo dell'essere generosi a priori ma anche in modo tendenzialmente morboso, può accadere. La comprensione e l'equilibrio, a questo punto, sono necessari. Se, poi, chi riceve, quel che noi diamo in questo modo, subisce questa generosità senza comprendere cosa sta alla base, cosa ci muove, nascono incomprensioni. Dare senza volere nulla in cambio, purché si impari a rispettare anche il ricevente, è cosa positiva. Sempre alla base di questo tipo di dare c'è amore. E' il modo con cui ci si esprime che fa la differenza poiché dipende dal carattere che abbiamo sviluppato fino a quel momento. Modificare qualcosa di noi, del nostro carattere, una volta che si sono comprese delle cose è sempre possibile e dipende, come sempre, dalla nostra volontà.
Dare e ricevere sono una sinergia e l'uno senza l'altro sono esperienze incomplete. Vivibili per loro stesse ma incomplete. Il loro equilibrio insegna ad avere migliore stima di noi stessi perché ci induce a valutare come siamo, ci fa riflettere e guardare dentro quanto basta per camminare a testa alta nella vita. Nell'accogliere questa coppia di azioni possiamo anche aggiungere un punto al sano amore per noi stessi. E' una forma di volersi bene, se si riesce a coglierne il nesso. 

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