domenica 17 luglio 2011

Il canto della tela del ragno

Ho sempre avuto paura dei ragni fin da bambina. E sempre ho cercato di leggere e decodificare questa paura, di capire da dove nasceva, per cercare di smussarle gli spigoli più appuntiti. Ogni volta che vedo un ragno, uno strano brivido mi percorre la schiena ed è come se sentissi il movimento delle sue zampe dentro, sotto il primo strato di pelle, o meglio, come se la pelle fosse lo strato sottostante di una pelle diversa e trasparente che vibra a qualche centimetro dal corpo. E se mi metto in ascolto sento un suono che non saprei descrivere ma che mi fa ritrarre inconsciamente colpita. Il rifiuto di aver paura mi ha portato nel corso degli anni a tollerare la loro presenza, quindi a non schiacciarli come facevo da piccola, anzi dovrei dire che lo facevo fare a chiunque passasse da lì perché non potevo pensare di toccarli in alcun modo. Poi studiando materie scientifiche ho cercato di vedere il loro mondo con occhi diversi ed ho potuto avvicinarmi per guardarli più da vicino e non solo in senso metaforico. Poi sono riuscita a tollerarli abbastanza da prendere un vaso o un bicchiere per spostarli se necessario, trattenendo il fiato durante lo svolgimento dell'azione. Per ora il contatto è rimasto di questo tipo e con queste modalità. Tuttavia se trovo una ragnatela con il suo autore nel centro mi soffermo per osservarla. Ce n'è una nuova e ben fatta tesa tra il bagno e l'ingresso e mi ritrovo a cercare di non distruggerla ogni volta che passo di là. Il ragno attende che qualche moscerino volando inciampi nella sua tela creata apposta per catturare la preda, un insetto più grande la distruggerebbe. Forse una zanzara potrebbe essere il massimo della grandezza consentita. Quando accendo la luce vedo il riflesso su ogni singolo sottilissimo filo della seta che ha prodotto il ragno e mi sembra che se impedisco al brivido di salire su posso apprezzare un miracolo di ingegneria. Offro al ragno la mia casa forse in parte perché si dice che porti fortuna e questo è sempre un bel pensiero, un guizzo positivo. Poi vago con la parte della mia mente che conosce la poesia, il suo flusso, e rincorro i pensieri come facevo molto tempo fa quando scrivevo poesie usando qualsiasi spunto per iniziare un nuovo viaggio tra le parole che dipingono sensazioni. Ecco perché parlo del canto della tela del ragno, perché è così che sintetizzerei la sua presenza tra il fuori e il dentro di me. La mia percezione è il ponte di unione tra la sua vita e le sue "emozioni" e le mie in sua presenza, anche se il ragno questo non lo sa. Il suo canto è ogni suo movimento dove nulla viene sprecato in inutili elucubrazioni. Il ragno è predatore perfetto, paziente, lavoratore, instancabile e abile nel riparare danni alla sua casa sospesa nel vuoto. Un soffio di vento o il mio soffio mandato con delicata curiosità lo fa vacillare e scappare perché troppo forte e non gli suggerisce che sia la presenza di un insetto rimasto impigliato. Qui anche lui ha paura, ma forse non sa definire così la sua reazione, il ragno si ritira e basta. Semplice. Aspetta che sia tornato tutto tranquillo e si posiziona al centro della sua opera in attesa di un pasto. Il suo scopo nella vita è continuare ad essere vivo mangiando e riproducendosi. Non serve altro e qualche volta non so se sia davvero l'essere umano ad essere sul gradino più evoluto, almeno in certe occasioni nelle quali si tende a perdersi nei pensieri intralciandoci da soli il passo per eccessi vari o depressioni. A volte sarebbe bello riuscire ad essere efficienti senza sprechi per vivere pienamente ciò che c'è. Non mi piace però il concetto dell'essere predatore, mi sembra che tolga troppe sfumature al sentimento, e non permetta dolcezza alcuna. E la mancanza di dolcezza, anche se in determinate circostanze può rivelarsi utile per risolvere una qualche situazione dove l'azione pura e la determinazione sono componenti essenziali, mi sembra che inaridisca. Mi piacerebbe pensare però che anche un ragno qualche volta possa provare qualcosa attraverso la sua peculiare percezione, chissà in che modo, ma comunque provasse un qualche sentimento. Lo sentirei più vicino a me così non proverei più quel brivido che mi tiene lontana da lui. Per il momento mi limito ad osservare e ad ascoltare la sua presenza da lontano, lasciando che la mia mente si fonda, qualche volta in più rispetto a prima, ai fili della sua tela, nella trama del suo canto che è la sua presenza indissolubilmente legata all'espressione della sua via.

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