venerdì 4 novembre 2011

Costruire con la sabbia

Ancora un ricordo di quando, da bambina, passavo parte dell'estate al mare. Non mi vergogno a confessare che ancora oggi, con disinvoltura, mi metterei a fare un bel castello di sabbia con secchiello e paletta, sabbia e acqua. In fin dei conti era la fantasia a creare l'immagine di un castello dato che il secchiello permetteva solo la forma di una specie di torre tozza, o poco più, dato che il peso della sabbia, se ne aggiungevo in altezza dell'altra, rendeva instabile la struttura. Questo era dunque il modello base, quello semplicissimo, usando poca sabbia per non scavare troppo nella spiaggia, giusto per portare rispetto agli altri bagnanti, evitando loro di cadere in voragini artificiali. C'era, e ci sarà sempre chi sa costruire magnifici castelli di sabbia, ingegnandosi con la giusta dose di umidità per far resistere più a lungo possibile la struttura. Senza spingermi a considerare chi partecipa alle competizioni dove si costruiscono vere e proprie sculture, rimarrei nel semplice, in ciò che è gestibile anche da un solo bambino. Ricordo il feeling con la sabbia e ricordo che in realtà la connessione era con la terra e con il mare. Il sole scaldava la pelle e vegliava sulla costruzione. Era una sperimentazione dato che non si sapeva la tenuta della forma, bastava esagerare con l'acqua e scivolava giù, o se non ce ne mettevo abbastanza si sgretolava subito. La sabbia è costituita da innumerevoli granellini, più o meno grandi, frammenti infinitesimi di rocce e gusci di conchiglie principalmente, e nessuno è legato all'altro, solo l'acqua crea l'illusione che la massa sia almeno un po' compatta. La sabbia asciutta sanno tutti che scivola dalle mani e da sola non può dare luogo a nessuna costruzione. Ed è qui che parte la metafora. Quante volte l'illusione si comporta da collante per qualcosa che il desiderio vorrebbe vedere unito. Quando il collante evapora i granelli tornano ad essere loro stessi, pur sempre gli uni accanto agli altri, ma separati, come le idee che non si armonizzano, come le persone che non si amano più, come arrivare al momento della verità e non resistere all'impatto, come si disgrega ciò che è stato costruito senza basi solide o profonde. Ne consegue che con la sabbia non si può costruire né lo si può fare sopra di essa. Eppure la massa della sabbia è come un mare immenso di terra, plasticamente asciutto, mobile e potente che offre solo se stesso senza poter accogliere radici che hanno bisogno di stabilità e ancoraggio. I deserti sabbiosi sono immense distese aride, pur con il loro fascino di paesaggio, ma sempre sabbia, granelli che scorrono gli uni sugli altri senza legarsi tra loro, quasi a definir così l'essenza dell'indifferenza. Costruire con la sabbia comporta accorgersi della sua natura, quando si parla di sola sabbia, escludendo tutti i casi in cui amalgamata ad altri componenti si trasforma. Infiniti granelli che scivolano via, che sfuggono passando tra le dita sono la metafora di qualcosa che non rimane, portando con sé un velo di malinconia, o di nostalgia per qualcosa che non c'è più, come lo sono le cose passate. Alla sabbia non si legano pensieri che rappresentano cose durature, si lega il tempo che passa inesorabilmente e non si ferma mai, si lega l'essenza dell'instabilità, si lega qualcosa di passeggero e poco importante, non vedo radici né fondamenta sicure nella sabbia. Benché ciascuno viva il suo rapporto con le cose che tocca e sperimenta in modo sempre e comunque personale, credo che costruire con la sabbia sia bello, divertente e sicuro solo quando si gioca in riva al mare. Qui, qualche volta, le onde ripuliscono pene e pensieri adulti che necessitano di ritrovare le giuste fondamenta solide per proseguire il percorso, suggerendo di contemplare la verità che offre la natura tramite l'esistenza della sabbia.

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