domenica 20 novembre 2011

Finire quello che c'è nel piatto

Molte delle abitudini che ci accompagnano in età adulta ci vengono insegnate da bambini. Se le abitudini sono buone possiamo dare un punto di merito ai nostri genitori. Non provengo da una famiglia ricca e questo ha incluso nell'insegnamento il rispetto per il cibo. Il tempo delle guerre mondiali ha segnato le persone dalle quali discendo così, per loro, avere da mangiare quando ce n'era poco, era importante. Non era un lusso ma aveva un valore perché significava vivere. Oggi c'è abbondanza anche se purtroppo non è equamente distribuita. Voglio però puntare l'attenzione su ciò che vedo intorno a me. Ancor prima di questo parlo di me. Il mio rapporto con il cibo non è facile perché tendo a ingrassare anche con poche briciole quindi devo costantemente sorvegliarmi. Talvolta eccedo perché mi lascio andare, essendo una buona forchetta, ma anche se sono a dieta rigorosa, quando devo limitarmi, non lascio mai nulla nel piatto. E' una cosa che non mi piace lasciare del cibo nel piatto e, anche se sono piena, mi sforzo un pochino ma finisco. Non riesco a non comportarmi così e se vedo qualcuno che lascia avanzi nel piatto parte del mio cuore soffre. Questa sofferenza non deriva dal pensiero che qualcuno non ne ha in qualche altra parte del mondo, devo essere sincera, seppure sia consapevole di questa grave mancanza, è legato alla consapevolezza che ogni cosa che ci nutre vegetale o animale è un dono che abbiamo a disposizione per mantenerci vivi. Il minimo che dobbiamo in risposta a questo è il rispetto e l'impegno a non rendere vana la loro presenza per noi. Lo spreco, di qualsiasi tipo esso sia, è disprezzare quello che ci permette di prosperare. Proprio perché molto abbiamo a disposizione non dovremmo sprecare. La scelta che deriva dall'avere molto non dovrebbe autorizzare, come tanti credono, ad abusare di questo privilegio. A meno che non si sia affetti da qualche malattia o veramente sia impossibile finire ciò che abbiamo nel piatto, credo che una certa elasticità sia possibile, pensando che quella delle pareti muscolari dello stomaco vada di pari passo con quella mentale. Oppure, in caso contrario, ci sia almeno una dose di buon senso che faccia ordinare una portata in meno dal menù. Basta poco e lo spreco si riduce. Questo vale per le uscite al ristorante. A casa si può fare di meglio, si possono riutilizzare gli avanzi creando nuove ricette, risparmiando e continuando a nutrirsi in modo efficace, posto che non si abbia la pretesa di avere sempre, ad ogni pasto, tutto perfetto come al ristorante. Si narra che ciascuno abbia libero arbitrio per decidere per se stesso ma io spero sempre che il buon senso e l'umanità, la dolcezza del cuore e la consapevolezza, qualche volta riescano a spodestare un po' di quelle abitudini che vedono protagoniste le esagerazioni dell'ego. E' vero che si combatte per conquistarsi la libertà di fare ciò che si vuole, fa parte dell'emancipazione umana sperimentarlo in varie occasioni, ma se l'equilibrio in questa ricerca venisse contemplato più spesso si riuscirebbe a vedere meglio il percorso che ci si dipana di fronte. E stare attenti a ciò che abbiamo nel piatto, così come averne rispetto accettandone la dose adattandosi alla giornata, è un punto di inizio. Un inizio per modificare un'abitudine, un inizio per conoscere meglio noi stessi tramite l'osservazione del nostro modo di fare e di quanto siamo disposti a piegarci per adeguaci ad una forma diversa, per proseguire su di un sentiero diverso che richiede un passo diverso.

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