domenica 1 maggio 2011

Amare risate alcoliche

Salgo sull'autobus. Loro salgono sull'autobus. Io siedo in silenzio, ancora non si parte perché siamo al capolinea. Loro siedono e ridono. Ridono e parlano senza pensare. Si direbbe che si stiano divertendo, se non fosse per il forte odore di vino e birra che emanano. E tuttavia credo che si stiano divertendo comunque, nonostante noi, con le nostre facce disegnate da etnie varie, dalle nostre smorfie dovute a sbadigli, ai nostri silenziosi raccoglimenti in attesa di partire. Qualcuno viene contagiato dal loro ridere e commenta con un sorriso. Qualcuno non gradisce il loro modo di esprimersi e si sposta. Io ascolto. Chiudo gli occhi per un momento per ascoltare non soltanto con il senso dell'udito. Voglio provare ad andare un po' oltre. Nelle loro risate sento esserci la leggerezza artificiale data dal liquido alcolico. Sento che indubbiamente in questo momento sono allegri davvero, magari per una sciocchezza. Se mi lascio trasportare da questa leggerezza sento ondeggiare il mondo, attraverso il loro porsi in questo modo. Se li guardassi negli occhi vedrei solo il loro essere nel presente. Di per sé riuscire a stare nel presente è una cosa positiva, ma è come ti conquisti questa consapevolezza che fa la differenza. Se affidi il vivere nel presente, senza pensare a nulla che possa venire dopo, ad una sbornia, quando il "dopo" si presenta davvero come successivo presente da vivere, la forza e la presenza si disfano con lo svanire dell'effetto alcolico. E si consuma il fisico, ogni volta che tenta di accompagnare la mente piena di ebbrezza fin lassù, sui picchi di euforia. Leggerezza, che conduce fin lì insieme a risate prive di memoria e significato, ma che, in seguito, mostra se stessa con la sua vera veste di piombo. Non mi riesce di ridere con loro. Il mio andare oltre vuole sapere perché. Eppure questo perché non lo conoscerò mai. So soltanto una cosa, so che se stessi molto male, se mi mancassero cose importanti, piangerei tanto dentro di me da trasformare il mio grido disperato, in desiderio di ridere con tutta la leggerezza di un presente che poi svanirà, assieme alla memoria di se stesso e del motivo che lo ha generato. Non so se loro avevano dentro questo grido, però scommetto che per qualcuno la verità di questa mia supposizione si avvicina alla realtà. Non mi riesce di credere che si scelga di divertirsi in un modo così deleterio per la salute. Se vuoi vivere fai di tutto per continuare a vivere. Non riesco a credere che chi si sbronza, quando si risveglia con il mal di testa e il mal di stomaco, o quando scopre di avere il fegato a pezzi, sia felice della sua situazione. Credo sia più facile pensare che non riesca a trovare il motivo che lo aiuti a tirarsi fuori dal pantano. Non mi riesce di credere che non importi loro nulla, voglio credere che siano solo talmente stanchi per poter chieder aiuto in modo consapevole e che nel loro grido distorto, almeno per qualcuno, si nasconda la richiesta di una mano, di una considerazione maggiore. I motivi sono talmente vari per ciascuna situazione che ogni caso ha un suo specifico perché. Loro continuano a ridere mentre l'autobus parte. Non conosco la loro destinazione. Una bottiglia scivola. Ancora risate. Nessuno si permetterà mai di impedir loro di bere ciò che vogliono bere né quanto. Si dice che siano persone adulte e che ciascuno abbia libero arbitrio. Spero solo che le loro risate possano in qualche modo alleviare qualche peso o dispiacere o solo li intrattengano lasciandoli incolumi il più a lungo possibile poiché io non posso fare altro che scendere alla mia fermata. E parlare di loro.

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