domenica 22 maggio 2011

Condivisione

La parola discende dal verbo condividere che significa "spartire con altri qualcosa" o, in senso figurato, "avere in comune qualcosa" con qualcuno. Semplice. Chiaro. Credo, però, che si possa aggiungere qualche sfumatura che affondi le sue radici nell'applicazione quotidiana del concetto. Nulla è soltanto parola con significato codificato, c'è sempre quel qualcosa in più che amalgama tutto con ciò che siamo e che proviamo. E questo, secondo me, è in parte all'origine di talune incomprensioni. Noi stessi diamo delle sfumature a ciascun significato che conosciamo così come ce lo hanno insegnato a scuola o avendolo dedotto dai libri che abbiamo letto, ma è vero anche che spesso certe sfumature di significato le togliamo, credendo che sia sufficiente il significato più comunemente utilizzato. Il resto è una perdita di tempo, e le sfumature lo sono sempre stando al comune senso di percezione delle cose. Una cosa è o non è, che importa che si possano trovare legami per scoprire nuovi concetti o nuovi punti di vista. Io, però, sostengo la versione che crede nell'utilizzo anche di una sola parola come innesco per andare oltre, per scoprire angoli della mente che possono cibarsi di concetti diversi sotto forma di sfumature. Per esempio, adesso sto condividendo con voi ciò che penso a proposito della condivisione. Vi confesso che non so bene perché, ma trovo che sia sempre molto importante ricercare tra le righe il significato del significato per esplorare il mondo. Mi sembra di perdere qualcosa ogni volta che mi accontento del significato deciso da altri, che per comodità talvolta viene sintetizzato, facendo dimenticare che i legami con tutte le cose esistono sempre e comunque. Eppure non posso negare che sia una necessità altrettanto importante sintetizzare un concetto affinché non si crei confusione, dato che considerare le sfumature è quasi sempre il rovescio della medaglia della chiarezza. A meno che non si riesca ad essere chiari mentre si definiscono le sfumature stesse. Comunque, quello che tenevo a dire sulla condivisione, è la sua connessione forte con ciò che proviamo, la sua sfumatura che sconfina nell'atteggiamento positivo o negativo che ci fa gestire ciò che ci appartiene. Invidie e gelosie faranno trattenere le cose che ci appartengono mentre l'altruismo, la sincerità e l'amore faranno dare. Sia che condividiamo qualcosa di materiale o di immateriale finiamo sempre, in un modo o nell'altro, con l'avere a che fare con il concetto di "mio" o "tuo". E qui entrano in gioco i fattori che contornano il senso di appartenenza, sia riferita a cose o persone o idee. La predisposizione alla condivisione deriva dalla capacità che abbiamo di aprirci verso l'esterno. Se, per esempio, prestiamo malvolentieri anche una sola cosa che ci appartiene dubito che sapremo dare noi stessi nell'ambito di un rapporto che prevede la condivisione della vita. E qui parlo per esperienza personale, avendo visto me stessa chiusa più di quanto avrei voluto essere, in ragione del mio comportamento nei confronti del senso di possesso sulle mie cose. Adesso il tempo è cambiato e sto imparando a condividere piuttosto che a mostrare soltanto. Ecco un'altra sfumatura. Ho trascorso molto tempo della mia vita a esibire le cose che avevo per farmi considerare ma guai a toccare queste cose. Adesso comprendo che non serve farsi notare per essere, e se mi espongo o mostro cose che mi appartengono, lo faccio per metterle a disposizione, per condividere qualcosa di mio, o di me, consapevole che così facendo queste cose possono essere toccate da chi si avvicina. Ancora mi resta un piccolo scoglio dato dal fatto che vorrei trovare la stessa cura che ho io, verso ciò che è mio e sto condividendo, negli altri che mi si avvicinano e toccano ciò che mi appartiene. Cerco dunque di ammorbidire la ruvidezza con il sorriso della pazienza, che comprende che non siamo uguali nel trattare le varie cose, né proprie né altrui, infatti anch'io potrei non essere in grado di avere cura di cose altrui nel modo corretto o nel modo che l'altro desidererebbe. Sarebbe giusto, a questo punto, condividere la comprensione reciproca per le imperfezioni umane. Eppure, nonostante tutto, oggi il concetto di condivisione ha per me un significato speciale, forse perché mi sento in grado di viverlo pienamente e non soltanto in teoria, non lo so con certezza. Mi resta però l'input a legare il concetto di condivisione alla vita in comune con qualcuno, è l'idea prima che mi passa per la mente. Per anni sono stata sola e autosufficiente pur vivendo in famiglia e se guardo indietro trovo ben poca condivisione, a vari livelli. Alla lunga la mancanza di condivisione inaridisce un po'. Come credo che la troppa condivisione faccia desiderare il riprendersi cose, e spazi personali da ridefinire, per sentirsi con maggiore chiarezza se stessi. Ancora una sfumatura dell'equilibrio. In ogni caso, comprendere è ciò che manda avanti il percorso di crescita. Condividere è, dunque, secondo me, lasciare che una parte che non ci appartiene divenga nostra, anche fosse solo in gestione, e lasciare che una parte nostra, che sia profondamente legata a noi o meno, diventi altrui. Il cuore saprà sicuramente fare le presentazioni.

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