venerdì 5 agosto 2011

Menzogne involontarie

In questi giorni sto leggendo un libro veramente interessane, si tratta di "Momo" di Michael Ende. Il periodo che mi ha suggerito un pensiero è questo che segue.

"Soltanto Momo era capace di attendere a lungo e di capirlo. Sapeva che lui si prendeva tanto tempo per non dire mai qualche cosa di insincero. Perché, nella sua opinione, tutta l'infelicità del mondo nasceva dalle troppe menzogne, quelle intenzionali ma anche da quelle involontarie, tristi frutti della fretta e dell'indecisione."
 MOMO di M. ENDE


Ecco, non avevo mai pensato veramente al fatto che ci fossero menzogne involontarie, semplicemente perché non definendole così ho sempre guardato da un solo punto di vista. Una menzogna è per definizione una affermazione con cui si altera volontariamente la verità per cui non mi ero soffermata sulla possibilità che potesse avere questa sfumatura, che si potesse definire anche involontaria. E dire questo è di effetto perché impattando sulla mente apre nuovi spiragli alla comprensione. E' vero, certe condizioni, certe circostanze possono alterare la verità che esprimiamo anche senza volerlo. In prima fila l'essere insinceri con noi stessi genera questo tipo di bugie. A volte capita che non si scavi abbastanza in profondità per comprendere davvero ciò che abbiamo dentro e il risultato è una verità che, in qualche modo, è "superficiale", nel senso letterale del termine, che prende solo le cose che stanno più in superficie, più vicine alla consapevolezza ordinaria, quella riconducibile, in ogni momento, alle cose che sappiamo bene di noi per abitudine. Certe volte può succedere che altri vedano di noi qualcosa che noi stessi non vediamo subito e quando parliamo, attingendo da ciò che vediamo dentro di noi senza averlo  visto nella sua totalità, possiamo benissimo mentire senza rendercene conto. Non c'è cattiveria in questo né dolo, c'è solo un tempo mancato, nel senso che non siamo ancora arrivati nel punto in cui c'è la consapevolezza più completa. E se è vero che possa accadere che si mandino nel mondo menzogne involontarie perché non abbiamo ancora compreso qualcosa, è anche vero che per fretta e indifferenza, o disattenzione nei confronti di noi stessi, si ottenga costantemente lo stesso risultato. Guardare in profondità è faticoso e doloroso e non c'è nessuna assicurazione che il risultato sia positivo. Forse utile ma si deve saperlo apprezzare così com'è, seppure ci porta alla luce, in superficie, qualcosa che non ci piace vedere di come siamo. Perché il giorno che vediamo come siamo davvero scatta qualcosa, quasi sempre, che impedisce di richiudere gli occhi su ciò che si è visto. La consapevolezza acquisita non permette facilmente di distogliere lo sguardo e forse uno dei motivi per scansare l'introspezione è proprio questo, guadagnare in scomodità non è piacevole, perché ogni percorso di comprensione è scomodo così come lo è tutto ciò che richiede di modificare qualcosa alla quale si è abituati. Non si vedono sempre difetti di noi ma anche cose belle e positive, capacità latenti che aspettano solo di essere nutrite. La sincerità con se stessi è fatta quasi completamente dalla conoscenza profonda, o almeno un po' meno superficiale, di noi. Tuttavia il senso di una menzogna involontaria mi fa pensare al malessere di chi non si fa mai domande, ma questo è il mio parere. Mi spiego. Ho sempre creduto nel potere del porsi delle domande, lo associo alla potenzialità di arricchimento personale in seno alla conoscenza in genere. Se non ci sono domande le cose che potrebbero aver bisogno di essere comprese rimangono a galleggiare in superficie e non si sviluppano mai, come un seme che non va dentro la terra. Eppure farsi delle domande è sia scelta personale sia incapacità a farlo magari perché nessuno lo ha insegnato. Credo però che se un giorno le domande bussassero alla porta si dovrebbe almeno ascoltarle prima di scacciarle malamente.

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