giovedì 18 agosto 2011

Porgere l'altra guancia

Questa breve ma intensa frase si presta a più di una interpretazione. Vi racconto, qui, la mia. Fin dal giorno in cui l'ho sentita dire, non ricordo le circostanze né quando di preciso, molti anni fa, ho lasciato uno spazio in me per poterla comprendere davvero, non soltanto accettando ciecamente il significato dato da altri, chiunque essi fossero. So che per anni non comprendendola, per il fatto che mi sfuggiva sempre il concetto, l'ho lasciata lì, in silenzio, in attesa. Quando sono stata abbastanza grande per capire anche concetti astratti o filosofici l'ho sfiorata e ho compreso che si tratta di un insegnamento. Poi l'ho lasciata ancora lì, imparando altro. Un qualsiasi insegnamento è composto di una parte teorica e di una parte pratica e, nel caso del porgere l'altra guancia, la teoria è costituita dalla comprensione che raccogliere la provocazione, secondo me, porta violenza, conflitto e non pace. La pratica in questo caso non è di facile applicazione perché richiede la volontà di gestire la situazione evitando lo scontro. Ho avuto modo di incontrare situazioni nel corso della vita dove una delle opzioni per proseguire il cammino era porgere l'altra guancia, ossia non raccogliere la provocazione che mi avrebbe fatto essere qualcuno che non volevo essere. Porgere l'altra guancia come metafora permette di sintetizzare l'atto non di lasciare che qualcuno o qualcosa come una situazione prenda il sopravvento su di noi ma l'esatto contrario. Paradossale? Riflettendo un attimo in più direi di no perché se l'avversario si aspetta di provocare una reazione pari a quella che lui stesso ha provocato per poter iniziare la lotta, si trova spiazzato senza la nostra partecipazione all'azione. E il gioco passa in mano nostra. Se non si getta olio sul fuoco, o se non lo si alimenta in alcun modo, prima o dopo sicuramente si estinguerà. Scegliere la non azione sotto forma di porgere l'altra guancia richiede maggiore coraggio dell'accettare la provocazione, perché in certe occasioni avere la presenza di spirito per ricordarsi le cose giuste non è semplice. Tutti lo sappiamo fin troppo bene quando perdiamo la pazienza anche solo per cose di poco conto. Se sai profondamente che la cosa giusta è mantenere la pace e non accettare la guerra, porgere l'altra guancia con intelligenza e saggezza è l'arma che hai alla cintura ogni giorno. E' uno stile di combattimento diverso, non cruento, non è dabbenaggine, come potrebbero pensare gli orgogliosi che preferiscono non perdere la faccia apparendo deboli ad occhi altrui avendo porto l'altra guancia. Trattando di una situazione, invece di una persona, la sostanza del porgere l'altra guancia è riuscire a fare la scelta giusta per gestire la situazione stessa. Anche una situazione può essere provocatoria nei nostri confronti se ci sono punti di essa che vanno a sfiorare nervi scoperti. Situazioni che fanno rispondere con rabbia ne sono un esempio. In questo caso nessuno gode del fatto che tale è stata la nostra risposta, nessuno se non noi sentiamo addosso la violenza della rabbia. Sentirsi impotenti a fare qualcosa può indurre questa reazione. Alla fine chi sta male siamo soltanto noi. Mi si permetta di pensare che la rabbia non è un sentimento benefico. E dunque, comprendendo ciò, perché non scegliere il concetto di base del porgere l'altra guancia come soluzione alternativa allo scoppio di veleno interiore? Che cosa c'è da perdere, se vi piace pensarla in tali termini, rinunciando alla rabbia? E' noto che la rabbia porti cecità mentale momentanea, perché in quel frangente si smette di ragionare, di pensare con equilibrio, e si libera in un tempo breve una energia concentrata fatta di malessere, talvolta mescolato, consapevole o inconscio. Non cedere alla rabbia, porgendo l'altra guancia dell'anima, è volere avere la presenza di spirito per continuare ad avere attiva la facoltà di pensiero, nonostante tutto, per scegliere una risposta diversa. Anche se non riesce sempre porgere l'altra guancia, né talvolta può riuscire farlo completamente, va bene lo stesso, purché ogni volta si desideri la pace invece della guerra con le sue costanti provocazioni e distruzioni. E non credo si possa evitare di notare che per distruggere qualcosa serve sempre una frazione del tempo impiegato per costruirla.

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