mercoledì 10 agosto 2011

"Perché soltanto io dovrei essere diverso?"

Per molti motivi. Si dice che l'Uomo sia un animale sociale e, in virtù di questo modo di sentirsi, uno degli atti principali che lo contraddistingue, è il cercare compagnia e, non ultimo, cercare il conforto nell'adeguarsi a linee di comportamento comuni. Fare ciò che fanno tutti, o quasi, permette di procedere con una sicurezza in più, ossia il non doversi preoccupare di nuotare controcorrente. Andare controcorrente richiede un notevole dispendio di energia, sia fisica, qualora si stesse davvero nuotando contro la corrente, sia mentale, poiché il pensiero deve costantemente essere mantenuto sveglio per non farsi sopraffare dalla corrente stessa. La diversità che sto prendendo in considerazione non è quella dovuta a peculiarità fisiche che tuttavia non rendono davvero diversi, rendono solo, ciascuno, speciale, una sfumatura tra le sfumature dato che questa, anche se spesso non la si accetta, è la realtà di fatto della natura umana. La diversità di cui tratto è la linea di pensiero o di comportamento che ci si può trovare a scegliere o semplicemente a vivere o accettare di interpretare in un dato momento della vita. Poniamo di fare sempre le stesse cose da tempo immemorabile, in tal caso, magari, si è ben adeguati al flusso comune di comportamento, anche se non è detto, infatti si potrebbe pure essere una pecora nera in un gregge di pecore bianche, e comportarsi come il resto del gregge pur essendo di colore differente, ma diciamo che accada qualcosa che ci ponga davanti un bivio e si sia invitati a fare una scelta. Fin lì il sentiero era unico e non serviva scegliere alcuna direzione. Facile. Poi però il bivio costringe in un certo modo a operare una scelta. Numerosi fattori possono condizionare questa scelta ma la differenza sostanziale è data dal fatto che l'intero gregge si trovi davanti al bivio altrimenti qualsiasi sia la nostra singola scelta non avremmo un confronto, una relatività, che fa emergere il contrasto della scelta stessa. Se non ci sono osservatori la scelta è solo il personale proseguimento del percorso. Poniamo poi che in quel preciso momento soltanto uno dei membri del gregge possieda i requisiti necessari per affrontare la scelta della direzione, a questo punto potrebbero accadere due cose. Escludendo il fattore rifiuto di scegliere rimane colui che ha in mano la scelta da affrontare e sceglie, gli altri possono seguirlo oppure non seguirlo. Colui che si trova a dover fare la scelta sa anche che il gregge potrebbe seguirlo oppure no ed è qui che nasce la domanda. Non ti dico che non voglio scegliere ma chiedo perché proprio io devo farlo. Già questo crea una distanza di un passo dal resto del gregge, la consapevolezza di dover entrare in azione, una azione che dipende non più da qualcun altro o da fattori esterni ma da noi stessi. Questo spaventa e ti fa sentire come se ti fosse stato tolto il cappotto in una giornata umida e ventosa. Diventi esposto alle intemperie, e gli eventi lo possono essere, metaforicamente parlando. A questo punto qualcuno potrebbe suggerire che la cosa giusta o la persona giusta al momento giusto fanno la differenza e davanti al bivio, tu che stai lì a pensare cosa fare, non sei convinto che sia davvero tutto così giusto. In fondo non si è praticamente mai pronti a nulla nella vita. Ci troviamo solo a scegliere le varie direzioni in determinati punti del percorso. Il peso della responsabilità preme. Eppure, accettando quella che può essere vista come sfida, si nutre qualcosa dentro di noi che solitamente rimane digiuna quando non si operano scelte.
Se gli altri componenti del gregge non concordano con noi non è detto che la scelta che abbiamo fatto sia deplorevole. Non ottenere un riconoscimento di merito non significa sempre automaticamente che siamo dalla parte sbagliata, ciò che è veramente giusto è riconoscere col proprio cuore la scelta migliore da operare in quel dato momento. Anche scegliere per se stessi o, se lo si ritiene migliore, per gli altri è pur sempre aver mosso un passo con il coraggio che la scelta stessa richiede di avere. Ogni volta che ci si espone e si esce dal gregge si mette in moto il coraggio dato che ogni singola scelta, grande o minima che sia, ha sempre un peso, come l'onda che si crea in uno specchio d'acqua immobile che venga sfiorato anche solo da una piuma che vi cade sopra. Per non parlare dell'effetto di un sasso. Tutto questo discorso per provare a rispondere al perché della domanda del titolo. Perché soltanto io dovrei essere diverso? Perché in realtà questa diversità è solo l'effetto di un confronto e tu che stai agendo, stai vivendo. Se diverso in modo paradossalmente unico, perché lo sei e nessuno lo potrebbe negare dato che si ode solo la tua voce ma, contemporaneamente, non lo sei perché tu sei pur sempre te stesso e ogni decisione che prendi fa parte della tua vita, che è una unità e una continuità. Se vengono a cadere i motivi per aver timore di sentirsi diversi non servono più neppure le spiegazioni da darsi per convincersi a mettere piede sull'una o l'altra strada che si diramano dal bivio. Con questo non significa che scegliere sia più facile, la difficoltà rimane ed è legata al nostro modo di pensare, ed è parte della natura umana avere a che fare con le difficoltà, sebbene si cerchi di starne lontani il più possibile. Perché soltanto io dovrei essere diverso? Per ricordarti della tua voce, di te stesso, di ciò che puoi fare, per ricordarti che sei parte del mondo sia che qualcuno ti ami oppure no.

Nessun commento:

Posta un commento