venerdì 24 giugno 2011

Comprendersi

Credo che comprendersi sia una delle attività umane più difficili da svolgere. Servono applicazione costante, predisposizione e buona volontà. Non è solo ascolto dell'altro. La comprensione coinvolge anche, secondo me, qualcos'altro, che spesso sfugge all'individuazione. Se ascolti soltanto e lasci che le parole ricevute si fermino nella testa capisci il linguaggio, lo elabori perché anche tu lo conosci, e se ti è stata fatta una domanda rispondi, a meno che la domanda non coinvolga sfere di sentimenti profondi. In questo caso dobbiamo scegliere se farli parlare o se farli tacere. Ma la vera comprensione è una sinergia tra le capacità che abbiamo di capire avendo ascoltato e di aver capito le parti silenziose di noi che sanno ugualmente esprimersi ma non a parole. Comprendersi è come avere a disposizione filamenti coscienti che conoscono e ricordano ciò che c'è nel proprio profondo e si illuminano nel momento in cui si incontrano con i filamenti, binari di informazioni dette e non dette, dell'altro interlocutore. Comprendersi è una sorta di abbraccio invisibile tra consapevolezze custodite in ciascuna delle persone coinvolte nel dialogo. E' di più che soltanto ascoltarsi interpretando il linguaggio vocale, pur ricco di significati. Comprendersi va anche oltre il tempo, perché potresti riflettere sull'argomento o le ragioni esposte dall'altra persona portando con te questa riflessione. La riflessione genera pensiero che come un sacco raccoglie e accumula la predisposizione alla comprensione. Se lo si vuole, naturalmente. Nulla accade nell'ambito della comprensione se non c'è almeno un'alta percentuale di volontà all'ascolto o alla comprensione stessa. Si dice infatti che "non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire". Volontà. Solo volontà. Eppure la comprensione in virtù di se stessa comprende, accoglie, permette chiarimenti come schiarimenti nel cielo nuvoloso che vede diradarsi le nubi per far intravedere il cielo azzurro al di là di esse. Comprendersi vale in ogni senso lo si voglia interpretare, vale per se stessi e per due o più di due. Comprendere è non fermarsi alla superficie, è non accontentarsi di usare le cime della catena montuosa per pensare di ricostruirla nei minimi dettagli dando per scontati alcuni particolari anfratti.
Quando si dice di aver compreso un concetto, se ponete orecchio, riuscirete a sentire che esso è andato giù, ben dentro, come un seme che sta nella terra in attesa del momento di germogliare. Se si è compreso davvero la sensazione è un leggero cambiamento interiore, come se dei pezzi dai margini irregolari si fossero sistemati in modo da combaciare gli uni con gli altri, mentre prima non era così. La comprensione altrui, come quella di se stessi, è la stessa cosa; forse c'è un sapore in più, di fondo, che accompagna l'atto del comprendersi, è l'espandersi quanto basta, in modo naturale senza forzature, per immedesimarsi nel punto di vista da analizzare. Ma senza dolcezza la comprensione si restringe, così come accade se non si è disposti al perdono. Nel viaggio della comprensione, se manca nel bagaglio a mano qualche dose di perdono, si accentuano le barriere che pensiamo di non essere disposti ad oltrepassare. La comprensione è un movimento lento d'espansione che aggancia ogni luminosità possibile che desidera manifestarsi così com'è, senza finzioni, per essere condivisa. Ognuno può, in qualsiasi istante, mettere anche un solo piede su questa strada, giusto per sperimentare com'è, cosa si prova a stare bene con se stessi, perché la comprensione è anche questo. Dove c'è una schiarita nel cielo c'è più luminosità a disposizione per vedere meglio o bene qualcosa di importante. Mai dovrebbe mancare la voglia di ricercare la comprensione, in primis per se stessi, per essere puliti e leali tanto da proporsi agli altri con la forza di questa sincerità acquisita. R.B.Between

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