domenica 12 giugno 2011

E' finito l'anno scolastico

In questi giorni, per molti ragazzi, si è concluso l'anno scolastico. Me ne sono accorta vedendoli in giro per le strade della città, e vedendo le tracce lasciate dopo il loro passaggio. Devo essere sincera, non mi ricordo molto bene come concludevamo noi ragazzi l'anno scolastico quando non era tempo di esami. Forse qualcuno festeggiava, come festeggiano oggi, a poco più di vent'anni di distanza, usando gavettoni d'acqua, uova e farina o tuffandosi nelle fontane. Il fatto di non ricordarmi certi particolari mi fa sorgere un dubbio, dov'ero allora? Dico, dov'ero con la testa a quel tempo? Forse ero un po' tra le nuvole, chissà, ricordo però che anche se ero una ragazzina schiva, e non mi piaceva la confusione, il tono di giubilo per la fine dell'anno scolastico mi sembrava diverso. Posso parlare per me, per ciò che di quei giorni è conservato nella memoria. Ricordo che era un gran sollievo per me, perché la scuola mi piaceva così così, non lo studio, o leggere in sé, bensì il luogo e il fatto di essere obbligata a starci metà della giornata, seduta, invece di poter fare altro. Guizzi di anima ribelle. Finita la scuola a giugno ero già con la testa alle vacanze, al fatto che al tempo delle elementari e delle medie, si poteva andare al mare con i nonni, almeno per un mese. Quando si cresce poi le cose cambiano e anche le vacanze si adeguano. Ma restando al tempo della prima adolescenza, a quell'età sui dodici, tredici anni, età che mi è sembrata appartenere ai ragazzi che ho visto lanciarsi uova e farina lungo una delle vie principali della città, in centro e, per quanto mi riguarda, mi sembra, se faccio un confronto, che ci sia tanta differenza. Non so bene con cosa si divertano i ragazzi di oggi e se si rendono conto di alcune cose, o se per loro, per molti di loro, poche sono rimaste le cose importanti per le quali mostrare rispetto. Non lo so, eppure, mi resta una sensazione non così facile da definire, a metà tra il dispiacere per la constatazione odierna del disprezzo per certe cose e la nostalgia di un tempo apparentemente più tranquillo, che mi ha vista ragazzina. Finita la scuola tutta la mia gioia era per la prospettiva di libertà, per tutte quelle cose da fare, per il sole, per le passeggiate, per stare a giocare a palla con gli amici nel giardino pubblico, varie ed eventuali, ma non mi veniva in mente di andare a festeggiare come hanno fatto oggi. Giusto, i tempi cambiano, così come le persone e si dice che ciascuno abbia il diritto esprimersi come desidera. Vero, sono la prima a sostenere questa teoria, ma non mi riesce di chiudere gli occhi su tutto, c'è qualcosa che me li fa mantenere aperti e mi insinua il tarlo della critica, anche se è sempre raccomandabile farsi gli affari propri. Dunque portate pazienza, mi cambio d'abito per l'occasione, e parlo perché la constatazione di quel che vedo mi fa parlare. Ammetto che ancora non ho trovato la posizione del confine tra il farmi gli affari miei e l'aprir bocca in certe occasioni.
Non ho mai sofferto la fame né la soffro, sono fortunata, nella norma, eppure uova acqua e farina li associo al cibo e vederli sparsi sull'asfalto mi fa tristezza, forse perché non lo comprendo. Il primo pensiero che mi viene non è un sorriso, come mi verrebbe alle labbra fino ad illuminare gli occhi se stessi vedendo ragazzi che stanno insieme magari chiacchierando o ridendo o giocando in un altro modo, come dire, più soft, ecco. Uova e farina per terra mi fanno pensare alla fatica, al lavoro di altri che dovranno pulire. E non mi riesce di non vedere spreco. Chiamatemi vecchia sciocca che non capisce nulla, se vi fa stare meglio, ma il dato di fatto resta. E lo sporco per le strade non è, in primo luogo, una mancanza di decoro, secondo me, ma solo una mancanza di rispetto. Forse riuscirei a comprendere questo modo di festeggiare solo se, chi lo mette in azione, poi si rimboccasse le maniche e pulisse, dimostrando così che avere un anno in più alle spalle significa anche maturità sufficiente per assumersi la responsabilità dei gesti che si compiono.

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