martedì 26 aprile 2011

La conquista di una vetta

E' notizia di oggi il raggiungimento della vetta dell'Annapurna (8091 m, Himalaya, Nepal) da parte della guida valdostana Abele Blanc; vetta raggiunta senza ossigeno supplementare.
Quando ho sentito questa notizia mi sono sentita proiettata lassù, insieme a questa persona, che non conosco personalmente, ma che riconosco come parte del popolo umano. In virtù di questa "fratellanza" sento il valore della sua impresa. Ciascuno di noi ha una sua particolarità, o più di una, una sua abilità che permette al popolo umano, se visto nella sua globalità, di esprimere tutte le sue infinite potenzialità. Pochi sono coloro che riescono nell'impresa di raggiungere vette così alte e l'esempio è l'aver dimostrato che è possibile. L'esempio è anche, secondo me, che, se un componente della comunità umana, vince la sua sfida personale, permette a tutti noi, che non abbiamo affrontato la stessa sfida, e magari non l'affronteremo mai nelle stesse circostanze, di sentirci parte della sua avventura. Questo è possibile perché siamo tutti esseri umani, al di là di qualsiasi tipo di distinzione, e perché, vedendo le cose da questo punto di vista, possiamo appianare alcune vette dell'ego personale. In un certo senso potremo pensare di avere raggiunto una vetta anche noi, tanto dentro in profondità quanto più ardua è stata la conquista. Mi spiego meglio. Se per un momento non ci sentiamo più unici, nel senso di isolati, come se avessimo un mondo personale che non ha niente a che spartire con gli altri, dove ogni cosa che facciamo appartiene soltanto a noi, senza riconoscimenti o condivisioni verso l'esterno, la visuale appare ristretta e la sensazione è che il mondo giri intorno a noi piuttosto che il contrario, ecco, se si riesce a sospendere un momento questo modo di pensare e di sentire, e lasciamo che l'impresa altrui, o la vittoria altrui, diventi parte di noi, siamo riusciti a conquistare qualcosa di speciale. Riuscire ad andare oltre il proprio orizzonte personale non è impresa facile. E dunque, se viviamo la vittoria, che non abbiamo conquistato personalmente, senza invidia, ma solo come riconoscimento della possibilità di farlo, anche se quella data cosa non la faremo mai, per varie ragioni, abbiamo vinto anche noi. Senza invidia si viaggia più leggeri, poiché il sentiero per il raggiungimento della vetta è in salita, e questa zavorra non è necessaria né auspicabile. Per arrivare lassù servono costanza e resistenza, volontà e conoscenza, e il silenzio che si fonde all'ossigeno rarefatto, permette di aggiungere un passo all'altro, non per vincere, perché credo che in quei momenti, se si pensasse soltanto alla meta, si potrebbero commettere errori fatali dimenticando di stare attenti al percorso, bensì per essere riusciti a portare a compimento l'impresa. Sono certa che la meta sia ben presente nella mente ma la vera conquista è sempre il percorso, se vogliamo usare tutte queste parole per creare una metafora.
Abele Blanc, oggi, ha conquistato quella vetta in Nepal anche per noi, non solo per se stesso.

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